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È possibile affermare che la rappresentazione auerbachianamente'seria'delle coscienze individuali – della psicologia, della soggettività – di uomini e donne del popolo fu una prerogative della narrativa realista del XIX secolo? In che modo – e con quali forme – gli scrittori attribuirono un''anima'ai loro umili? Si tratta di domande fondamentali, da tempo evocate dalla critica, a cui il libro tenta di rispondere con una prospettiva narratologica aggiornata, adoperata su un corpus vasto ed eterogeneo della narrative italiana e francese tra Otto e Novecento: da Manzoni a Verga, da Balzac a Zola, passando per la letteratura campagnola; stagione letteraria spesso misconosciuta e controversa, che tuttavia fu artefice di una rivoluzione epistemologica della mimesi del popolo. |