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«Pochi scrittori, in ogni tempo, hanno eguagliato la sua audacia, la sua insolenza nel porre quelle domande da bambino sfacciato che hanno sempre avuto il potere di gettare nel panico i filosofi» ha scritto Miłosz su Šestov, toccando il punto nevralgico della sua opera. Oggi più che mai sentiamo il bisogno di quelle «domande da bambino sfacciato» e dei libri di questo scrittore che fu una delle più alte intelligenze del suo tempo, una voce sottile, penetrante e limpida, il cui timbro continua a vibrare quando già si è spento il suono di molte altre voci più clamorose. Šestov fu per eccellenza il pensatore del conflitto Atene-Gerusalemme, la perenne tensione su cui si fonda la nostra civiltà. Spirito scettico e insieme mistico, conoscitore di tutti i meandri della speculazione, scriveva libri dalla forma agile, conversativa, mai trattatistica, dove i problemi ultimi della metafisica diventano episodi di un viaggio segreto e intimo. Perfetto esempio di tutto questo è «Sulla bilancia di Giobbe», opera della piena maturità di Šestov. Questo libro, come dice il suo sottotitolo, è una vera «peregrinazione attraverso le anime» – e si tratterà spesso di anime molto difficili da avvicinare, come quelle di Dostoevskij, di Tolstoj, di Pascal o di Plotino, che pochi come Šestov hanno saputo cogliere nella loro peculiarità. Giunti alla fine, apparirà naturale che il libro sfoci su questa frase non dimenticabile: «La verità s'introduce nella vita senza presentare documenti giustificativi». |