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Se nel «Mulino di Amleto» ci ha introdotto al «pensiero arcaico», mostrandoci come il «mýthos», che si vorrebbe contrapposto al «lógos», sia invece a sua volta una «scienza esatta», qui Giorgio de Santillana si sofferma sull'impronta lasciata da quelle remote scaturigini sulla «forma mentis» tecnoscientifica. In questa cornice il «pensiero scientifico» delle origini, tra cesure e continuità rispetto a quello «mitico», assume connotazioni inedite, in un percorso millenario che va da Parmenide a Eraclito a Pitagora, dalla medicina della scuola ippocratica alla svolta fisicocosmologica di Leucippo e Democrito, dai sofisti e Gorgia alla grande cattedrale platonica e alla sintesi di Aristotele, per arrivare a Tolomeo e Plutarco. E alla fine del percorso risalterà nitidamente non solo come le conquiste della «scienza greca» siano state il punto di partenza della «nostra» scienza, ma anche come l'usurata contrapposizione tra sapere umanistico e scientifico costituisca, fin dalle origini, una prospettiva deviante e infondata. |