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Se si entra oggi in una libreria, è arduo trovare una sezione, anche piccola, dedicata all'architettura e alle sue storie. Non solo, ma quei pochi libri che si trovano sono monografie o studi di esempi particolari e inediti di opere per lo più sconosciute. Ma forse l'architettura non è quella che oggi si presenta. La specializzazione ha creato enclaves che proteggono studiosi accaniti di «particolari», con le loro regole, le loro riviste, spesso un loro linguaggio all'apparenza universale, in generale un inglese quasi primitivo. L'architettura non è questa, e ancor meno lo è la sua storia. Il libro tenta, muovendosi contro le specializzazioni e i loro privilegi, di riportare l'architettura a quello straordinario insieme di idee, progetti, segni, errori, costruzioni, usi, trasformazioni, restauri, simboli, che solo se intrecciandoli restituiscono cosa è il fatto architettonico. Per abbozzare almeno questa strada, Carlo Olmo ha scelto due «scritture» di riferimento che offrissero insieme una continuità e una ricerca di un'unità dell'oggetto architettura: i Paralipomena dei Passagenwerk di Walter Benjamin e il Finnegans Wake di James Joyce. Una scelta difficile, faticosa, essenziale per mettere alla prova una scrittura e un'organizzazione unitaria. Storia contro storie è infatti una narrazione che scorre senza interruzioni e tenta di restituire la passione per un «fatto» così straordinario come l'architettura, con le sue imperfezioni che ne costituiscono le vere declinazioni. Il libro offre al lettore tre possibili percorsi: attraverso i paragrafi, il testo e le note, perché ogni fatto storico ha bisogno di fonti da indagare, di argomentazioni da costruire e di prove su cui fondare le proprie affermazioni. Andare contro un mainstream così diffuso non è comodo, ma è oggi quanto mai necessario, e non solo per la storia dell'architettura. |