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“Un romanzetto autobiografico”: così lo stesso Montale definì i Mottetti, una delle sue prove liriche più alte ed enigmatiche, in cui una Clizia-angelo febbrile varca instancabilmente, da terra a cielo e da cielo a terra, la frontiera dell'essere. Montale sentimentale considera innanzitutto modi, moti, culmini e precipizi del “romanzetto” in cui l'amore si realizza nella sua stessa negazione psicologica, ne indaga il senso “spirituale”, già anticipato o aggiornato negli anni Venti da Ortega y Gasset in Estudios sobre el amor. Se il cuore del poeta si “sommuove” o “scende in un gorgo”, Clizia stella girasole guarda e assiste l'innamorato dal suo cielo, ben prima di essergli nota: è il vertice di un'esperienza in cui la materia stessa, con il suo strascico di sussurri e gemiti, si compie in spirito. Umana ma anche irriducibile, del tutto, a umanità e natura, Clizia ricuce instancabilmente con il suo “refe” il senso della vita di lui. Ma è anche lontana in quanto pura essenza, donna “di altro stampo” e di confine il cui sguardo fissa i concetti primi e la struttura del mondo. Nei Mottetti, discorso sentimentale e discorso metafisico coincidono. Amata in quanto Irma Brandeis (New York, 1905), Clizia è innanzitutto voce, viso in ascolto: crea confusione, scivola dalla tradizione stilnovistica petrarchesca (iconica, rituale) a una poesia insistentemente filosofica dove amore e “arduo nulla” si misurano sullo stesso piano. |