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Dalle 6 del mattino del 24 febbraio l'immagine del presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelensky è indissolubilmente legata ai suoi pantaloni kaki, alla maglietta militare, alla faccia mal rasata esibita in video dalla sua residenza di Bankova, a Kyïv, da dove non si è mosso dal giorno in cui l'esercito russo ha varcato i confini della sua Ucraina, additandolo come l'«obiettivo numero uno» e trasformandolo nel capo militare di un Paese in guerra. Zelensky ha incitato i suoi cittadini con parole roventi: «Putin ha dichiarato guerra all'Ucraina e a tutto il mondo democratico. Vuole distruggere il mio Stato, il nostro Stato, tutto ciò che abbiamo costruito, tutto ciò per cui viviamo. Mi rivolgo agli ucraini e in particolare ai soldati: siete coraggiosi, indistruttibili, siete ucraini». E così Zelensky è diventato l'incarnazione dell'eroismo e della resistenza di un popolo intero, che combatte una battaglia tra la vita e la morte per la propria libertà. Dall'inizio delle ostilità Zelensky si è allontanato da Kyïv una sola volta: per andare a Buča, e i suoi orrori lo hanno invecchiato di vent'anni. Il comico che ha conquistato la celebrità nelle vesti di Vasilij Goloborod'ko, il professore di storia che è diventato presidente nella serie Servant of the People, ha sulle proprie spalle l'esito di una partita sanguinosa e decisiva, e ne sente tutto il peso. Per drammatica ironia della sorte, lui che aveva fatto ridere fino alle lacrime i suoi compatrioti si trova a essere protagonista dell'unica scena della serie che non era ancora stata girata: la guerra in cui è stato trascinato da Putin. Soltanto che ora è tutto terribilmente reale. In Volodymyr Zelensky. Nella mente di un eroe, Régis Genté e Stéphane Siohan, giornalisti con una profondissima conoscenza del territorio e attualmente impegnati come corrispondenti dalla guerra in corso, ci raccontano la parabola di quest'uomo così fuori dal comune: nel suo finale si scrive il destino dell'Ucraina, dell'Europa, di tutti noi. |