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Published in Sociologia n.1/2018 - Rivista quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali dell'Istituto Luigi Sturzo, diretta da Andrea Bixio | In un saggio del 1979, Foucault révolutionne l'histoire, Paul Veyne esprimeva un ripensamento circa il suo precedente libro Le pain et le cirque, pubblicato a Parigi, per le Éditions du Seuil, nel 1976. Così leggiamo: «In effetti, abbiamo l'abitudine di ragionare in funzione di un obiettivo o a partire da una materia. Per fare un esempio, ho creduto e scritto, a torto, che il pane e il Circo si proponessero di stabilire una relazione fra governanti e governati rispondendo alla sfida oggettiva rappresentata dai governati. Ma se i governati sono sempre uguali, se hanno le reazioni naturali di tutti i governati, se hanno naturalmente bisogno del pane e del Circo, di farsi depoliticizzare e di sentirsi amati dal Signore, per quale motivo ricevuto il pane e il Circo solo a Roma? A questo punto, è dunque necessario invertire i termini dell'enunciato: affinché i governati siano percepiti dal Signore come oggetti da depoliticizzare, da amare e da portare al Circo, è necessario che essi siano stati oggettivati come popolo gregge; affinché il Signore sia percepito come qualcuno che si deve rendere popolare presso il suo gregge, è necessario che esso sia stato oggettivato come guida e non come re-padre o re-prete. Sono queste oggettivazioni, correlate a una determinata pratica politica, che spiegano un fenomeno, come il pane e il Circo, inspiegabile a partire dagli eterni governati, dagli eterni governanti e dall'eterno rapporto di obbedienza e di depoliticizzazione che li unisce. Queste chiavi aprono tutte le serrature. Ma non aprono mai alla comprensione di un fenomeno così particolare, così precisamente datato, come il pane e il Circo, a meno che non si moltiplichino le specificazioni, gli accidenti storici e le influenze ideologiche, con l'immenso sproloquio che ne consegue» (Veyne 1998, pp. 20-1). |