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Il presente contributo esamina il rapporto tra architettura, urbanistica e paesaggio rurale nell’ambito del piano di costruzione di nuove città in aree soggette a grandi bonifiche e sviluppo agricolo prima e dopo la seconda guerra mondiale, nell’ambito dei piani di bonifica integrale. Negli anni Trenta questi processi sono in gran parte basati sulla teoria dello stato corporativo fascista che stabilisce una precisa gerarchia nel reticolo insediativo, attribuendo ruoli differenziati alle città, funzioni specifiche alle diverse parti dello spazio urbano, specializzazioni colturali alla campagna. Passando dal livello territoriale allo quello urbano, la composizione dello spazio, che nell’Agro Pontino si declina secondo la triade gerarchica podere-borgo-città, mette in campo espressioni architettoniche in bilico tra classicismo, razionalismo o pittoresco. Il concetto di bonifica integrale ha avuto un impatto duraturo, ispirando l’istituzione dei Consorzi di bonifica che sarebbero sopravvissuti al regime fascista. Prendendo in considerazione i casi dell’Agro Pontino e di Matera, ci si propone di mostrare la continuità tra le bonifiche estensive avviate negli anni Trenta e gli interventi di riqualificazione rurale degli anni Cinquanta. |