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Nel 1983 Umberto Eco pubblica il saggio “L’antiporfirio”, all’interno del volume curato da Gianni Vattimo e Pier Aldo Rovatti intitolato Il pensiero debole. Il testo echiano segna uno spartiacque teorico tra i primi due romanzi dell’autore, Il nome della rosa (1980) e Il pendolo di Foucault (1988), permettendo di capire come la narrazione enciclopedica che caratterizza entrambe le opere costituisca una strategia interpretativa della realtà. Non solo: quello che qui preme mettere in evidenza è la modalità differente con cui Eco si accosta alla complessità del mondo attraverso l’impianto tematico e strutturale del racconto. Se le avventure parigine del Pendolo risultano un’applicazione dell’idea diffusiva del rizoma, la matrice del Nome della rosa corrisponde piuttosto all’organizzazione del micelio, la filigrana sotterranea dei funghi che si arresta là dove l’organismo ha sufficienti sostanze nutritive e possibilità di farsi coltivare dalle altre specie viventi, mettendo un argine al disordine dei fenomeni |