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Il primo ventennio del Novecento rappresenta per la Russia un periodo di straordinario fermento artistico e culturale intrapreso a Mosca all’interno dell’Accademia russa di scienze artistiche (RAChN), dal Laboratorio Coreologico attivo tra il 1923 e il 1929. Innovazioni teatrali furono sperimentate dalla Nuova Danza, la RAChN e dal linguaggio coreografico di artisti come K. Golejzovskij e G. Balanchine, fuggiti in Occidente dalla censura sovietica per elaborare le loro visioni sulla coreografia di massa, approdando alle utopie comunitarie, alla biomeccanica e alla notazione della danza. Stenogrammi grafici e registrazioni di movimenti partecipano alla rottura con i canoni tradizionali del balletto, portando il nudo in scena con O. Desmond, i congegni di N. Meyerhold e S. Eisenstein e la cibernetica sovietica di N. Bernštejn: schemi stereoscopici di traiettorie semplici pensati per la costruzione della macchina umana durante le ore di lavoro. La nuova scena rappresenta un campo di indagine che mostra il disallineamento dei circoli artistici russi, da un lato rispetto ai regimi autocratici ex-imperiali, dall’altro rispetto al nascente bolscevismo. In tal senso, la graficizzazione del balletto, la produzione scenografica, il costume di scena e il corpo manifestano una forma di divergenza, di eresia, intese come libera espressione dell’arte del movimento. A partire dal corpus grafico (notazionale, costumistico, scenografico) di lavori come Casse-Noisette (1919) di A. Gorsky, Le Tourbillon rouge (1924) di K. Goleizovsky, Aelita (1924) di J. Protazanov, Le Beau Joseph (1925) di K. Goleizovsky, per citarne alcuni, l’articolo ha come obiettivo quello di sviluppare una disamina sulla trascrizione grafica di alcune tra le rappresentazioni ballettistiche divenute veicolo di cultura agli albori del Novecento, spesso ponendosi in dichiarata opposizione con la stessa propaganda di regime. |