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Il rapporto tra disegno a mano e progetto zoomorfico può essere ripercorso attraverso una genealogia frammentaria che mostra le diverse richieste di artisti, artigiani e designer al mondo naturale. È l’idea stessa di natura che guida occhio e mano a cercare soluzioni e risposte a domande progettuali di epoche differenti. Il filo conduttore che lega queste esperienze è però sempre dettato dalle forme organiche di piante e animali che si sottraggono al sapere geometrico della rappresentazione architettonica consolidata dall’Umanesimo albertiano. Il tardo Manierismo fiorentino ha colto l’imprevedibilità delle forme naturali, che venivano nel frattempo collezionate dai naturalisti, e le ha tradotte nelle giocose manifatture granducali. In seguito alcuni tentativi isolati come quelli di Lequeu non hanno saputo purtroppo andare oltre un’evocazione esteriore e scultorea dell’animalità. È con l’Art Nouveau che Gallé e Guimard riescono a leggere le forme della natura come le più adatte ai materiali e alla decorazione di un’epoca che desidera sfuggire a un estenuato storicismo. Più consapevole delle risorse che il corpo animale può offrire nella sua struttura anatomica è Carlo Mollino, che usa il disegno a mano con una sorprendente molteplicità di declinazioni. Tutte queste esperienze possono infine fornire un bagaglio concettuale per le sfide del recycling e dell’upcycling design di fronte alla natura artificiale creata dall’uomo nell’era dell’Antropocene. |