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L’architettura effimera rappresenta non da oggi un tema di grande fascino, ma, forse anche per questo, non semplice da caratterizzare, come rivela, ad esempio, la difficoltà di rintracciare questa voce, spesso dispersa all’interno di molte altre, in vari dizionari di architettura. Se ci soffermiamo soltanto sugli ultimi decenni, probabilmente potremmo cercare di identificare la cifra distintiva carsica dell’architettura effimera nella sua trasversalità ed interdisciplinarietà, vale a dire nel rappresentare un territorio di confine, non facile da riconoscere a prima vista, in cui si toccano e si contaminano mondi a volte molto diversi, come la scienza con le nuove tecnologie, l’arte, la filosofia, la cultura in generale, la società, l’economia e la politica. Il paradigma dell’effimero a cui l’architettura dovrebbe ispirarsi nel progettare strutture temporanee, in modo da far compiere a chi le visita un’esperienza coinvolgente ed immersiva, capace di trasmettere valori e significati in modo chiaro. Il settore delle opere provvisionali di messa in sicurezza deve essere considerato come strategico dell’architettura contemporanea, qual è proprio l’architettura effimera nel vasto ambito della conservazione del patrimonio monumentale e si promuova un’ispirazione progettuale verso strutture temporanee tecnologicamente all’avanguardia per quanto riguarda la loro finalità primaria, che tuttavia, almeno potenzialmente, diventino anche un efficace medium polisemico, in grado di comunicare non solo il valore specifico del bene architettonico che si cerca di preservare, ma anche la peculiarità dell’intervento stesso e, allargando lo sguardo, il legame stretto con il contesto territoriale e la comunità di persone che vi risiede. |
