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Giulia Lasagni, Alessandra Santangelo, Isadora Neroni Rezende, Laura Bartoli, Marianna Biral, Antonio Pugliese, Emanuele Cosimo Gatto, Vanessa Maraldi, Irene Milazzo |
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Questo saggio è stato sviluppato nel corso di un progetto di ricerca di 30 mesi finanziato dalla Commissione europea - CrossJustice (https://site.unibo.it/cross-justice/en), condotto sotto la supervisione dell'Università di Bologna. L'obiettivo del progetto era verificare il livello di attuazione delle sei direttive sui diritti dell'imputato adottate dal 2009 nell'ambito del Programma di Stoccolma. La ricerca ha esaminato criticamente i diritti dell'imputato riconosciuti e tutelati dalla Direttiva 2010/64/UE del 20 ottobre 2010 sul diritto all'interpretazione e alla traduzione; dalla Direttiva 2012/13/UE del 22 maggio 2012 sul diritto all'informazione; la Direttiva 2013/48/UE sul diritto di accesso a un difensore e di informazione di terzi; la Direttiva 2016/343/UE del 9 marzo 2016 sulla presunzione di innocenza e il diritto di presenziare al processo; la Direttiva 2016/800/UE sulle garanzie procedurali per gli imputati minorenni; la Direttiva 2016/1919/UE del 26 ottobre 2016 sul patrocinio a spese dello Stato. I ricercatori coinvolti hanno combinato due diverse metodologie, esaminando la questione sia da una prospettiva tradizionale, condotta da studiosi specializzati in diritto dell'UE e diritto processuale penale nazionale, sia da una nuova analisi computazionale. Nell'ambito di quest'ultimo approccio, la ricerca ha sviluppato una piattaforma di intelligenza artificiale semi-automatizzata, per evidenziare meglio le lacune scoperte dei testi normativi e migliorare l'analisi comparativa tra i sistemi giuridici (https://www.crossjustice.eu/en/index.html#crossjustice-platform) Il presente contributo si concentra – adottando un metodo tradizionale - sul modo in cui il legislatore italiano ha recepito e attuato le suddette direttive, sia con riferimento alle disposizioni normative sia nell'interpretazione giudiziaria dei vertici del sistema. Infatti, mentre l'acquis dell'UE stabilisce standard minimi comuni in materia di diritti processuali penali, la necessità di promuoverne un'applicazione efficace e coerente rimane particolarmente pressante a causa della forte frammentazione della legislazione nazionale e della relativa giurisprudenza. In termini generali, il quadro che emerge mostra alcuni punti di forza del sistema italiano, con particolare riferimento al diritto al difensore, al diritto all'informazione e alla disclosure (e, in misura meno uniforme, alle regole di esclusione probatoria quando si tratti di tutelare le violazioni delle garanzie difensive). Non mancano tuttavia alcune criticità, spesso legate alla prassi (ad esempio, la necessaria formazione che i difensori degli imputati vulnerabili dovrebbero ricevere, il patrocinio a spese dello Stato, la qualità e l'efficacia del diritto all'interprete e la tradizione degli atti). La presente analisi del sistema italiano, insieme a quella sviluppata per gli altri 10 Stati Membri dell’UE coinvolti nel progetto (Bulgaria, Croazia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna, Svezia) ed ai risultati dell’analisi semantica dei testi normativi, fondata su tecniche di Intelligenza Artificiale, ha consentito di sviluppare una ricerca innovativa nei metodi e nei contenuti, che, oltre alla piattaforma Crossjustice, ha trovato recente pubblicazione anche in un volume edito da Brill (Giuseppe Contissa, Giulia Lasagni, Michele Caianiello, Giovanni Sartor (eds.), Effective Protection of the Rights of the Accused in the EU Directives. A Computable Approach to Criminal Procedure Law, 2022). |