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Analisi critica del recente processo di rigenerazione occorso ai due Mercati Storici bolognesi (Mercato di Mezzo, adiacente a Piazza Maggiore, e Mercato delle Erbe). Questo processo ha comportato prima l’attenta traduzione della loro originaria funzione – il commercio di vicinato dei prodotti agroalimentari locali e non – secondo i consueti termini della brandizzazione e della cosiddetta “aestheticisation” del quotidiano, sull’esempio di Londra e Madrid (Bell, Binnie, 2005), e poi ne ha attivato la funzione di “hub” generativo. Infatti, travalicando i limiti geografici dei due Mercati, ha ricomposto la spazialità economica dell’intero centro storico bolognese in una sintassi strategica condivisa che produce e racconta la sostanziale identità tra Bologna e cibo. Si rilevano i tratti del fagocitante processo che, nell’arco di quattro anni, ha condotto alla costruzione di un vero e proprio brandscape urbano all’insegna del cibo (“èBologna” City of Food). La risignificazione dello spazio urbano bolognese e le inedite pratiche di commercio e di consumo sono state perciò indagate secondo le linee teoriche della logica del brand e la prassi della ricerca sul campo, così da cartografare gli effetti delle politiche commerciali, tra produzione di consenso e pratiche del commercio, esclusione economica/sociale e dissenso, investimento finanziario e informazionale. L’esito è la costruzione di Bologna come nodo privilegiato nello spazio geografico dei trasporti (turistici), nazionali e internazionali. Ciò che nella ricerca emerge, tra foodification, negoziazione e turisti, è il fenomeno di un «mercato» degli alloggi che, al pari di quello del cibo, ha consumato quello che ci si illude essere il normale vivere e abitare |