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Il contributo prende in esame le esuberanti titolature del patriarca melchita di Alessandria (cioè quello calcedoniano, facente parte della comunione ortodossa), nonché le insegne e gli indumenti liturgici a lui riservati. Tra i titoli ufficiali – che, unico caso in tutta l’Ortodossia, comprendono, insieme a titoli di funzione, come quello di patriarca, anche titoli onorifici – emerge quello di papa, che il vescovo di Alessandria condivide, dalla metà del III secolo, con quello di Roma. Anche per gli altri titoli: “Padre dei Padri, Pastore dei Pastori, Sommo Sacerdote dei Sommi Sacerdoti” si mostra nell’articolo una certa analogia con Roma. A sua volta, il titolo di “Tredicesimo Apostolo” è connesso – a parere dell’autore – con l’apostolicità marciana della Chiesa alessandrina e quello di “Giudice dell’Ecumene” si connette, in modo storicamente documentato, con il ruolo di paciere svolto dal patriarca di Alessandria Teofilo II (1110-1120) in un conflitto tra il patriarca di Costantinopoli Sergio II e l’imperatore Basilio II. Per quanto riguarda la insegne particolari di questo patriarca, la tiara risulta chiaramente connessa con il titolo papale. Si registra un certo consenso tra le fonti sul fatto che il primo vescovo alessandrina a fruire di questo copricapo liturgico sia stato il grande Cirillo (e nell’articolo si presentano le più antiche testimonianze iconografiche), in connessione con il concilio ecumenico di Efeso (431). Esistono però due tesi, che attribuiscono questa concessione a Cirillo o al papa di Roma Celestino o al concilio stesso. Quanto al “kritato” (un’ampia stola portata sopra il sakkos patriarcale), esso sarebbe una concessione legata al successo nel ruolo di mediazione svolto nel XII da Teofilo II tra patriarca ed imperatore (anche se per Teodoro Balsamone si tratterebbe sempre di una concessione legata al ruolo di presidenza svolto da Cirillo, su mandato romano, al concilio di Efeso). Per l’autore l’esuberanza di questi titoli (con le relative insegne particolari) è un fattore di arcaismo, che riflette l’assoluta preminenza della sede episcopale egiziana nell’organigramma della Chiesa universale stabilito al concilio di Nicea (325), dov’è al secondo posto dopo Roma ed al primo in tutto l’Oriente. |