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Gli obiettivi dell’Agenda 2030 ci richiamano ad un impegno politico e pedagogico ancora più chiaro e vigoroso: riportare il tema della sostenibilità al centro della quotidianità dei servizi educativi e delle scuole. Nel documento il concetto di sostenibilità è giustamente declinato nelle sue sfaccettature sociali, economiche e culturali, ma in tutte il portato è prima di tutto educativo. In qualche modo negli SDGs/OSS (obiettivi dello sviluppo sostenibile) ritroviamo, rafforzati, connessi, inclusi, tutti gli sforzi intellettuali e pedagogici dei maestri degli ultimi 50 anni. Pensiamo all’ecopedagogia di Paulo Freire (1992), alla sua battaglia contro l’ingiustizia sociale e l’oppressione. Ritroviamo le radici di una scuola autenticamente valoriale, come nelle didattiche attive e nell’idea di esperienza autentica (Dewey, 1929, Dewey, 1938, Freinet, 1972,). Nell’apparato teorico e didattico alla base del volume Educazione agli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile: obiettivi di apprendimento (Unesco, 2017), riecheggiano tra le altre le teorie di Bateson (1976) sull’identità ecologica, ed anche le riflessioni e le intuizioni di Gardner sull’intelligenza naturalistica (1992) e ecologica di Goleman (2009). Per chi scrive, in completa sintonia con queste premesse, l’educazione alla sostenibilità non può che passare attraverso un recupero della relazione con la natura, attraverso l’immersione, e la valorizzazione della relazione con il territorio e gli spazi esterni alla scuola, tutti ripensati come ambienti di apprendimento (Calvani, 2000, Strongoli 2019). Per promuovere un’educazione all’aperto, che trova nel contesto naturale una connessione privilegiata, per incoraggiare una prospettiva di sviluppo sostenibile (Guerra M., 2015; Schenetti, Salvaterra, Rossini, 2015, Farnè, 2018) non si può prescindere dalla capacità professionale di chi abita i servizi educativi e le scuole. |