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La cimatura è una tecnica comunemente adottata, le cui conseguenze dipendono da intensità ed epoca di imposizione. Tuttavia, alcuni viticoltori biologici e biodinamici preferiscono non cimare, soprattutto in annate calde, lasciando germogli lunghi in grado di creare un ombrello protettivo per i grappoli (accucciatura). In altri casi, si preferisce adottare l’accapannatura, che prevede il mantenimento dell’apice vegetativo e l’affasciatura, sull’ultimo filo di contenimento della parete vegetativa, delle porzioni distali dei germogli. La ricerca ha confrontato, per la prima volta, piante sottoposte a cimatura tardiva con controlli non cimati. L’esperimento è stato condotto nel biennio 2013-2014 a Tebano (Faenza, RA), in un vigneto biologico della cv Sangiovese, innestata su Kober 5BB ed allevata a cordone speronato, gestito senza apporto di fertilizzanti e acqua irrigua. Sono stati confrontati 3 trattamenti: controllo, germogli lunghi (24 nodi); cimatura in post-allegagione al 18° nodo; cimatura tardiva, in post invaiatura (15 Brix) al 14° nodo. In entrambe le annate, caratterizzate da condizioni climatiche contrastanti, la cimatura tardiva ha determinato un incremento della concentrazione di antociani e polifenoli totali nella buccia, senza alterare i parametri tecnologici, ha consentito di contenere la produttività per pianta, ottenere grappoli più spargoli e limitare la severità della Botrytis. La cimatura in post-allegagione ha indotto un aumento della concentrazione di antociani e polifenoli solo nel 2013 ed ha prodotto grappoli con un maggiore livello di compattezza e decolorazione rispetto a quelli delle piante cimate in post-invaiatura. La cimatura tardiva è risultata una pratica efficace nel migliorare il contenuto di antociani e polifenoli della buccia, senza alterare i parametri tecnologici, indipendentemente dal decorso meteorologico. Gli effetti riscontrati non appaiono strettamente ancorati ai cambiamenti indotti dalla cimatura sui rapporti source-sink. |