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Il presente contributo si propone un’analisi della dea Fortuna nelle traduzioni icono-grafiche di alcuni dei maggiori codici miniati della Commedia dantesca, alla luce dei rapporti che queste intrattengono con l’immagine fortemente codificata da Boezio nella sua Consolatio philosophiae. Il canone iconografico suggerito dal filosofo costituisce difatti non solo il punto di riferimento per la costruzione dantesca della «ministra e duce» di Inf. VII, ma anche il principale modello d’ispirazione per i miniatori che si cimenteranno nel-l’impresa di illustrare le carte del poema. Il contributo intende dunque mostrare come la rivoluzione concettuale operata da Dante sia effettivamente testimoniata dalle scelte espressive di un solo miniatore, il quale abbandona il repertorio figurativo consueto e riscrive la tradizionalissima rota Fortunae attraverso un percorso illustrativo ben più fedele al testo dantesco. |