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L’emigrazione, sia permanente che temporanea, ha costituito da tempo immemorabile una delle tradizionali risposte delle comunità di montagna al loro deficit strutturale in tutto il mondo mediterraneo. Nel corso di tre o quattro millenni le migrazioni ne hanno fatto le storia e cementato l’unità instaurando un delicato equilibrio tra l’agricoltura sedentaria e la vita errante della pastorizia con l’associazione in un tutto armonico delle risorse complementari delle montagne e delle pianure. Il saggio analizza i flussi migratori stagionali dall'Appennino pistoiese verso le pianure costiere, toscane e laziali tra la metà del Settecento e i primi decenni dell'Ottocento; periodo in cui tali flussi vennero trasformandosi da tradizionale fenomeno (fondato in origine sulla transumanza e sulla vocazione siderurgica delle due aree), che riguardava pochi e qualificati individui, in emigrazione di massa, come conseguenza soprattutto delle riforme liberiste attuate dal granduca Pietro Leopoldo (1765-1790). |