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Il saggio muove dall’idea che il diritto ambientale sia innanzitutto un diritto volto alla protezione dell’integrità funzionale dei sistemi socio-ecologici; se si assume questa prospettiva, è plausibile ritenere che le definizioni giuridiche nel diritto dell’ambiente siano, a pieno titolo, una tecnica di pre-decisione in ordine all’an, al quid e al quantum della protezione, secondo il paradigma inclusio unius est exclusio alterius. Le definizioni giusambientali fornite dal legislatore e dalla giurisprudenza incorporano cioè scelte discrezionali (sia pur con i diversi connotati e gradi di intensità che distinguono discrezionalità del legislatore e discrezionalità del giudice) in ordine al modello di tutela dei sistemi socio-ecologici: la crucialità di simili scelte esige che esse siano portate allo scoperto e messe in luce nella loro veste non neutrale rispetto all’intensione e all’estensione del corpus di guarentigie giuridiche che, in un dato momento, un ordinamento è disposto effettivamente ad assicurare rispetto ad alcuni sistemi socio-ecologici. Ogni definizione giuridica è dunque espressione di precisi giudizi di valore. Il saggio mostra come anche i lemmi “bosco” e “foresta” siano oggetto di un’irrisolta vicenda legislativa e giurisprudenziale che ruota intorno alla loro definizione e ri-definizione. Nelle conclusioni, il saggio sottolinea che la relatività delle definizioni giuridiche di bosco e foresta rende fisiologico il pluralismo di queste ultime. Per evitare, tuttavia, che la proliferazione di polimorfe definizioni funzionalmente orientate degeneri in caos, in babele delle lingue, appare necessario un percorso dei formanti dell’ordinamento che tenti, anziché di pervenire ad una forzosa reductio ad unum sulla base di un modello “accentrato” che sarebbe in contrasto con il connotato ineludibile della multifunzionalità, di favorire l’individuazione di un criterio qualitativo quale nucleo in grado di fondare, al contempo, la differenziazione e la coerenza delle varie definizioni. Un percorso di questo tipo potrà schiudersi solo se le scienze giusambientali saranno in grado di avviare un autentico e fecondo dialogo transdisciplinare con le scienze ambientali, costruendo il fondamento minimo ed essenziale di ogni definizione giuridica di bosco e foresta intorno al concetto di sistema socio-ecologico . Si tratta di un dialogo difficile da costruire e da impostare correttamente, a causa della distanza che storicamente si è acuita tra queste due aree della conoscenza, entrambe iperspecializzate e ipertecnicizzate, evolutesi l’una ignorando sostanzialmente l’altra, con problemi di comprensione che nascono già al livello del linguaggio, della terminologia, delle definizioni selettive e delle categorie ordinanti utilizzate, e si manifestano poi nel diverso modo di intendere la cogenza delle “leggi” della natura e del diritto e di strutturarne concettualmente le relazioni. La definizione legislativa di cui all’art. 2 del D.Lgs. 227/2001 (così come la maggior parte delle leggi regionali attualmente vigenti) appare distonica con questa prospettiva: il legislatore statale ed i legislatori regionali, infatti, hanno scelto un approccio riduzionistico, volto a definire il bosco (e la foresta) in termini di estensione (metri quadrati), larghezza (metri lineari), copertura (percentuale quantitativa di area coperta da alberi rispetto all’area complessiva), attraverso una geometrizzazione in cui boschi e foreste appaiono come oggetti inanimati, collocati in uno spazio cartesiano tridimensionale, come una somma di alberi, formazioni vegetali e suolo. A tale impostazione ha tuttavia reagito una parte della giurisprudenza, la quale ha compreso esattamente che, per definire ed identificare un bosco e una foresta, occorre riconoscerli come un tutto (un sistema di relazioni) che è più della somma delle sue parti, come ecosistemi che vivono (living systems) . Il diritto vivente si proietta così nell’orizzonte problematico di un diritto dei sistemi viventi, indirizzando l’esperienza giuridica italiana lungo un cammino accidentato verso approdi ancora lontani, ma ineludibili. SOMMARIO: 1. – La definizione giuridica nel diritto dell’ambiente come tecnica di pre-decisione in ordine all’an, al quid e al quantum della protezione (inclusio unius exclusio alterius): il caso dei lemmi “bosco” e “foresta”. 2. – La definizione legislativa di cui all’art. 2 del D.Lgs. 227/2001 e le sue modifiche ad opera dell’art. 26 del D.L. 5/2012, conv. in L. 35/2012. 3. – La natura relativa della definizione in ragione della multifunzionalità dei boschi e delle foreste. 4. – Riflessioni conclusive. La necessità di un dialogo tra diritto ed ecologia per l’apertura di una nuova prospettiva di analisi e l’evoluzione del diritto vivente verso una natura qualitativa della definizione: la giurisprudenza recente sul bosco come “organismo vivente” ed “ecosistema in grado di autorigenerarsi” con una propria “morfologia, complessità e vitalità endogena e compiuta”. |