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The research aims to verify if the remote modality, introduced widely by Italian psychoanalysts at the lockdown, remains in clinical practice today, with specific reasons and characteristics. The authors hypothesize that the use of such modality, beyond health limitations, is a point of no return compared to the classical setting. Based on this hypothesis, an ad hoc online questionnaire was proposed; the subjects were also called upon to express an opinion on taleanalysis. Two hundred sixty-seven subjects responded. The results confirm a wide use of remote analysis even in the current situation. They seem to indicate recognition by psychoanalysts of the emergence of new psychic phenomena in this type of setting, for example, childhood traumas that in the face-to-face analysis were unknown or inelaborate, usable in the treatment process. La ricerca intende verificare se l’uso della modalità da remoto, introdotto in maniera diffusa dagli psicoanalisti italiani al tempo del lockdown, permanga ancora oggi nella pratica clinica, con quali motivazioni e caratteristiche specifiche. Gli autori ipotizzano che il ricorso a tale modalità, aldilà delle limitazioni sanitarie, sia un punto di non ritorno rispetto al setting classico. Sulla base di questa ipotesi, è stato proposto un questionario online, costruito ad hoc; i soggetti erano chiamati anche a esprimere una opinione sulla teleanalisi. Hanno risposto 267 soggetti. I risultati confermano un ampio utilizzo dell’analisi da remoto anche nella situazione attuale e sembrano indicare il riconoscimento da parte degli psicoanalisti dell’emergere di nuovi fenomeni psichici in questo tipo di setting, ad esempio traumi infantili che nell’analisi in presenza risultavano sconosciuti o inelaborabili, utilizzabili nel processo di cura. |
