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Nei territori in conflitto è possibile individuare “tante diverse rovine” e, tra queste, tante e differenti rovine di guerra, in riferimento alle quali è molto difficile introdurre concetti generali, senza fare i conti con le specificità dei casi, nell’ambito dei quali si intrecciano inevitabilmente le peculiarità della ‘mancanza’ nell’integrità dell’edificio preesistente e la modalità della distruzione. Questi disfacimenti sono provocati da eventi improvvisi e traumatici, che generano un distacco netto tra il prima e il dopo, determinando una condizione di rovina molto differente da quella originata da quel processo di erosione e di usura che Marguerite Yourcenar ha magistralmente illustrato a proposito della scultura e che Umberto Eco sintetizzava come condizione generata dall’azione del tempo. In realtà, anche se il versante offensivo della guerra sta sempre più rapidamente mutando, nell’ambito delle rovine di guerra si possono individuare, in ogni caso, alcuni aspetti specifici che si ripetono nelle diverse situazioni e che possono essere intesi come tracce e indizi nella costruzione del progetto, da impostare nello stesso tempo come strumento di indagine e come strategia di intervento. Il contributo indaga la necessità di superare la tendenza, che frequentemente si è manifestata a proposito delle rovine di guerra, a circoscrivere le alternative tra i due estremi, da una parte della ricostruzione totalizzante di quanto è stato distrutto, dall’altra del superamento, e quindi dell’eliminazione, delle rovine considerate come macerie da cancellare. Ciò che appare in ogni caso determinante nel progetto è la centralità della rovina, l’edificio distrutto o danneggiato, da studiare, conoscere e approfondire al fine di realizzare un lavoro di ricerca, orientato a far emergere aspetti nascosti che improvvisamente e inaspettatamente riemergono in un’ottica di innesco di un nuovo progetto urbano tra il prima, il durante e il dopo. |