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L’obbligo di iscrizione nel casellario giudiziale del provvedimento di archiviazione per particolare tenuità, nelle intenzioni del legislatore garantisce un sistema di registrazione della decisione, utile per l’apprezzamento dell’abitualità del comportamento; quale condizione ostativa all’ulteriore concessione del beneficio. Nonostante la quasi unanime elaborazione giurisprudenziale, sulla base di un appiglio letterale, nega quella conseguenza pregiudizievole, la pronuncia della Corte di cassazione a Sezioni Unite, offre un’esegesi incline a quell’intentio, e giunge ad affermare l’obbligo di iscrizione nel casellario; ricevendo l’autorevole avallo della Corte costituzionale. Tale affermazione avrebbe dovuto condurre tanto la Suprema Corte quanto la Consulta, ad interrogarsi sulle sorti di una disciplina che non prevede l’impugnabilità del provvedimento. Al contrario, si è ritenuto che la sola procedura garantita fosse sufficiente a tutelarlo, quand’anche espressione di un modello debole di contraddittorio. Si evidenzia come le problematiche connesse all’iscrizione nel casellario rappresentano null’altro che il riflesso di una disciplina che in radice genera dubbi di compatibilità costituzionale per via dell’inusuale legame tra archiviazione e non punibilità del fatto: nella fase delle indagini confluisce un giudizio pragmatico-valutativo che, non semplicemente ipotizza, ma logicamente presuppone l’accertamento della responsabilità dell’indagato. Si suggeriscono soluzioni de jure condendo in grado di contemperare garantismo ed efficienza: ricostruire la disciplina prevedendo il necessario consenso dell’indagato in fase investigativa; pronunciare la non punibilità per tenuità del fatto, previo esercizio dell’azione penale, veicolando uno spazio partecipato in cui esercitare il pieno contraddittorio, avvalendosi del diritto alla prova. |