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Negli ultimi anni il diritto vivente, nel riscrivere le regole che disciplinano il procedimento esecutivo, ha attribuito al giudice che governa la fase la legittimazione a ripristinare la legalità della pena, pure in assenza di una espressa previsione normativa che gli riconoscesse la funzione. Il presente studio, partendo dall'analisi delle vicende storico-processuali che hanno indotto il Supremo consesso a tali originali affermazioni, mira a chiarire quale sia la pena illegale emendabile dal giudice dell'esecuzione, per trarne, se possibile, coerenti regole comuni da applicare ai casi non direttamente considerati dalla giurisprudenza, sebbene riconducibili alla medesima ratio. L'operazione è necessaria non solo per evitare soluzioni etereogenee delle prassi giudiziarie di fronte a fattispecie omologhe, ma pure per rileggere disposizioni codicistiche che consentono al giudice dell'esecuzione, sia pure in ipotesi eccezionali, di modificare la pena comminata con sentenza divenuta irrevocabile. |
