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Nell'indagare i nessi tra teoria e progetto nell'opera di Antonio Lavaggi il saggio privilegia un punto di vista specifico: il tema dell'inscindibilità della figura dell’Architetto da quella del Maestro, che si esprime nella pressoché esatta corrispondenza tra l’idea di architettura espressa nelle opere, costruite o disegnate, ed i contenuti della sua lezione di architettura. Non è cosa da poco, e non è un risultato scontato, quando ciò accade è segno della presenza di un pensiero, un pensiero sull’ architettura e sulla modalità di costruzione della sua forma. Grazie a questa chiarezza accade che le architetture diventino capaci esse stesse di raccontare il processo con cui l’architetto le ha messe in forma, e che da quelle architetture e da quel processo si riesca a trattenere, perché composto di una “sequenza di scelte trasmissibili”, una precisa modalità dell’agire progettuale, esattamente quel che A. Lavaggi dice essere l’obbiettivo del suo insegnamento “ non quel che resta sulla carta, bei disegni e progetti ben fatti, ma quel che resta nella testa degli studenti”. Le sue architetture sono sempre architetture didascaliche, uno sguardo aduso alle regole della composizione architettonica ne comprende immediatamente le modalità compositive sottese alla pratica progettuale, in questo senso il progetto che le ha generate è un progetto esso stesso didascalico, utilissimo alla didattica del progetto. Il saggio approfondisce puntualmente i processi con cui questa didascalicità prende forma nella didattica e nelle architetture, declinandosi nei diversi temi di volta in volta affrontati: La città_progetti urbani, l'edificio_la scala dell'architettura, la cellula_esegesi del tipo. |