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Il saggio analizza il ruolo ricoperto dalla predicazione a Venezia nei decenni centrali della crisi religiosa del Cinquecento. Sulla base di cronache cittadine, dispacci diplomatici e documentazione inquisitoriale, ricostruisce le principali tappe della diffusione della Riforma nella città lagunare cercando tuttavia di evitare il rischio di un progredire teleologico, inevitabile, destinato a cristallizzare infine l’immagine di Venezia come «porta della Riforma». Negli anni venti e trenta del Cinquecento il pulpito fu uno strumento di diffusione dell’eresia ma anche un mezzo di difesa dell’ortodossia minacciata dalla circolazione delle idee riformate. A partire dalla fine degli anni trenta si diffuse una capillare una rete di predicatori evangelici che, nel giro di un decennio, trasformarono la città in un gran bazar dell’eresia. L’Inquisizione romana impose energicamente la sua azione repressiva, favorendo il ritorno a un modo di predicare disputativo e scolastico che molti predicatori avevano consapevolmente abbandonato. The essay analyzes the role played by preaching in Venice in the central decades of the religious crisis of the sixteenth century. On the basis of city chronicles, diplomatic dispatches and inquisitorial documentation, it reconstructs the main stages of the spread of the Reformation in the lagoon city, trying however to avoid the risk of an inevitable teleological progression, destined to finally crystallize the image of Venice as the "door of the Reformation". In the 1520s and 1530s, the pulpit was an instrument for spreading heresy but also a means of defending orthodoxy threatened by the circulation of reformed ideas. Starting from the end of the thirties, a capillary network of evangelical preachers spread and, within a decade, transformed the city into a great bazaar of heresy. The Roman Inquisition vigorously imposed its repressive action, encouraging the return to a disputational and scholastic way of preaching that many preachers had consciously abandoned. |