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Durante il ventesimo secolo, il teatro ha talvolta perso quella che sembra una delle sue caratteristiche di base, cioè una natura tendenzialmente introversa e solitaria. Questo ha prodotto cambiamenti nella mentalità, forse più che nella pratica, non per questo poco importanti: ha prodotto pochi risultati pratici, ma ha creato reti di comunicazioni e connessioni inaspettate o invisibili. Talvolta sono stati momenti di transizione rari e importanti. L'ISTA, l'International School of theatre Anthropology di Eugenio Barba è stato uno di questo luoghi. Il saggio cerca di indagarla da questo punto di vista, mettendo da parte, per una volta, quelli che sono stati sempre ritenuti i suoi elementi centrali: l'antropologia teatrale e la presenza di Eugenio Barba. In the course of the twentieth century, theatre has sometimes forsaken its tendentially solitary introverted nature. There have been moments and places that have produced relationships that were not necessarily tangible. That brought changes in mentality rather than transformations in theatre practice. They produced no concrete result, but created networks of communication and unexpected or invisible connections. Perhaps they were important – even vital – moments of transition. ISTA, the International School of Theatre Anthropology, has been one of these places. But in order to dig deeper into this less obvious and visible perspective, it is necessary to start to observe it, by temporarily removing, in the metaphorical sense, the aspects which have always been retained as central: the presence of Eugenio Barba, Odin, theatre anthropology, personal memories. |