Přispěvatelé: |
Bartocci, S, Biddau, GM, Cabras, L, Dessì, A, Pujia, L, Macaluso, Luciana |
Popis: |
In origine, l’uomo era del tutto subordinato alla natura. L’architettura gli offriva riparo, un seppur temporaneo benessere. Il pericolo si è ridotto nella domesticità; le pietre sono diventate mattoni e anche i terreni più accidentati sono stati antropizzati. All’inizio del XX secolo, quando l’urbanesimo incalzava, i parchi erano stati considerati esito dello sviluppo della città (Migge, 1919) e, contemporaneamente, ne avevano costituito la stessa condizione insediativa (Le Corbusier, 1922). Tuttavia, l’artificio ha prevalso come edificazione estesa e pervasiva a discapito dei sistemi ecologici. La dialettica uomo/natura in architettura è cambiata progressivamente rispecchiando un contesto culturale più ampio. In particolare, nella contemporaneità si osserva un allontanamento in atto dalle modalità insediative del progetto urbano degli anni 70-80 (Quaroni, 1983; Ferra- ri, 2005), per assumere, davanti alle fragilità ambientali, finanziarie ed energetiche, un impegno “di transizione”, ecologista (Nicolin, 2021). I nuovi frammenti si compongono con quelli che si trovano sul posto, in attesa di ulteriori trasformazioni antropiche e naturali. Sperimentazioni progettuali, condotte nell’ambito di laboratori di progettazione architettonica e del paesaggio, prefigurano alternative per aree abbandonate e residuali di Palermo, fra la Valle del fiume Oreto e la fossa della Garofala. Una composizione di alcune delle soluzioni elaborate offre un quadro aperto. Un affresco che contribuisce a mettere a fuoco quella dimensione intermedia in cui sembra impigliarsi il passaggio dal- la natura all’artificio e, viceversa, dalla costruzione appena completata al rudere. Nella successione d’insieme, le proposte rafforzano la loro capacità narrativa; testano una possibile solidarietà fra proposizioni e parti eterogenee ed esprimono come l’architettura possa, ancora, concedere momenti di tregua, stavolta nell’esperienza urbana. Originally, the human being was completely subordinated to the nature. Architecture offered him a shelter, albeit temporary a moment of serenity. Domesticity weaken the danger; the stones became bricks and even the roughest terrains have been man-made. At the beginning of the 20th century, when urbanism was pressing, parks had been considered the result of the development of the city (Migge, 1919) and, at the same time, had constituted its very settlement condition (Le Corbusier, 1922). However, artifice prevailed as extensive and pervasive construction at the expense of ecological systems. The man/nature dialectic in architecture changed progressively reflecting a wider cultural context. In particular, in the contemporary world we observe an ongoing departure from the settlement methods of the urban project of the 70s-80s (Quaroni, 1983; Ferrari, 2005), to assume, in the face of environmental, financial and energy fragility, an ecologist commitment "of transition” (Nicolin, 2021). The new fragments are made up of those found on site, awaiting further anthropic and natural transformations. Design experiments, carried out in architectural and landscape design laboratories, prefigure alternatives for abandoned and residual areas in Palermo, between the Oreto river valley and the Garofala area. A composition of some of the elaborated solutions offers an open picture. A fresco that helps to focus on that intermediate dimension in which the passage from nature to artifice and, vice versa, from the just completed building to the ruin, seems to get caught up. In the overall succession, the proposals strengthen their narrative capacity; they test a possible solidarity between propositions and heterogeneous parts and express how architecture can still grant moments of respite in the urban experience. |