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Il presente contributo propone una riflessione pedagogica sulla relazione educativa tra la figura del tutore legale volontario, istituito con la Legge n. 47 del 2017 e l’adolescente migrante “solo”, accolto nel Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI). Partendo dall’esperienza educativa della tutorialità, assunta nella presa in carico degli adolescenti soli come una nuova forma di affiancamento e pratica dell’aver cura del mondo interiore ed esperienziale del minore, che presenta aspetti linguistici e culturali differenti, si cercherà di far emergere i tratti essenziali che costituiscono il suo bisogno di essere riconosciuto come persona. Quella dell'adolescente migrante solo è un’esistenza caratterizzata dal rapporto tra la comunità di accoglienza, la famiglia "allargata" di origine, ove è possibile, e le altre agenzie educative del paese ospitante, ed è segnata dalla ricerca di “nuovi” equilibri tra il mantenimento di un legame stabile con le figure di riferimento e i diritti di cui egli stesso è titolare nel paese ospitante. Nella nostra prospettiva di pedagogia fondamentale di stile fenomenologico-ermeneutico, il tutore legale volontario è quell'adulto significativo in grado di offrire una risposta concreta al bisogno di riconoscimento dell'adolescente migrante. La risposta a questo bisogno si concretizza in una nuova ricerca di senso rispetto ad una storia familiare interrotta dall’allontanamento, in un altro progetto di vita, in una nuova comunità culturale di riferimento. All’interno di questo nuovo spazio accogliente offerto dalla figura del tutore legale volontario, si possono profilare nuove direzioni di senso, e viene offerta al minore la possibilità di continuare la costruzione del proprio processo identitario. |