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Il diabete mellito comprende un gruppo di comuni disordini metabolici che condividono il fenotipo dell’iperglicemia. Le numerose, diverse tipologie esistenti di diabete sono causate da una complessa interazione di fattori genetici, componenti ambientali e stili di vita. In relazione alla diversa eziologia del diabete, i determinanti dell’iperglicemia possono includere una ridotta increzione di insulina, una diminuita capacità di utilizzare il glucosio, un’aumentata produzione di glucosio, ovvero una combinazione dei diversi fattori. L’anomalia metabolica associata con il diabete mellito è causa di alterazioni fisiopatologiche secondarie a carico di numerosi organi e sistemi. Le implicazioni del diabete producono una grave condizione morbosa del paziente ed un crescente e gravoso impegno per l’Organizzazione Sanitaria. Le 2 vaste categorie di diabete sono denominate di tipo 1 e di tipo 2. Il tipo 1 è caratterizzato da una distruzione autoimmune delle cellule beta, con conseguente deficienza insulinica (ipoinsulinemia); il tipo 2 rappresenta un eterogeneo gruppo con il comune fenotipo dell’iperglicemia indotta da gradi variabili di resistenza all’insulina, con una sua ridotta azione sugli organi effettori (muscolo scheletrico, fegato), ridotta secrezione dell’omone ed accresciuta produzione di glucosio. Il diabete di tipo 2 è preceduto da un periodo di anormale omeostasi glucidica sul quale dovrebbe concentrarsi l’impegno per una precoce identificazione e una strategia di prevenzione delle complicanze. Infatti, oltre la nota relazione fra diabete mellito e maggior rischio cardiovascolare, si va delineando la responsabilità patogenetica delle precoci alterazioni glucidiche che precedono la sindrome clinica e che, il più delle volte, si accompagnano ad una condizione di soprappeso o di franca obesità. L’impegno attuale è, dunque, quello di non limitarsi a diagnosticare il diabete mellito (valori di glicemia -126 mg/dl), ma le condizioni di dismetabolismo glucidico che lo precedono, quali l’alterata glicemia a digiuno (IFG, valori di glicemia -100 mg/dl e 140 mg/dl e £199 mg/dl dopo 2 h dal carico. Le complicanze croniche del diabete possono essere suddivise in vascolari e non vascolari. A loro volta, le complicanze vascolari vanno distinte in microvascolare (retinopatia, neuropatia, nefropatia) e macrovascolari (CAD, arteriopatie periferiche, vasculopatie cerebrali). Il rischio di complicanze croniche aumenta in funzione della durata dell’iperglicemia: di norma, esse si rendono clinicamente evidenti nella seconda decade di malattia. Dal momento che il diabete di tipo 2 ha un lungo periodo asintomatico di iperglicemia, le complicanze si manifestano, assai spesso, all’epoca della prima diagnosi. La morbidità e la mortalità per CAD sono da 2 a 4 volte più rappresentate nei pazienti con diabete di tipo 2. Il ruolo causale dell’iperglicemia è incerto nel determinismo delle lesioni macrovascolari; eppure, esse correlano assai bene con i livelli di glucosio plasmatico a digiuno e postprandiale, così come con l’HbA1C. Altri fattori, quali dislipidemia ed ipertensione coesistenti, svolgono un ruolo determinante nella patologia macrovascolare. |