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Negli ultimi venti anni, i governi locali, nazionali e sovranazionali hanno favorito l'uso di strumenti di governance al fine di coinvolgere la partecipazione dei cittadini nella gestione delle risorse naturali locali. Tali accordi istituzionali, attraverso la valorizzazione della partecipazione locale, hanno lo scopo di favorire il coinvolgimento della società civile nei processi decisionali, rappresentando una strategia efficace per stimolare senso di responsabilità verso le risorse ambientali territoriali (Agrawal 1999; Bastiani 2014). Tuttavia è ben documentato che tali progetti abbiano esiti negativi per le comunità locali e che in nome della conservazione o del ripristino di aree degradate i progetti siano spesso concepiti, realizzati e valutati da squadre di esperti e da agenzie esterne ai contesti locali (Cook e Kothari , 2001; Campbell e Vainio-Mattila 2003). Per questo motivo, tali strumenti vengono spesso criticati poiché falliscono nell'affrontare i rapporti di potere, in alcuni casi aggravandoli, tra comunità locali, esperti e amministratori (Swyngedouw 2005; Penning-Rowsell & Johnson 2015). Altri studiosi critici sostengono al contrario che queste forme di governance partecipata rappresentino eccellenti meccanismi utili a gestire l'in-sostenibilità ambientale e sociale (governance of unsustainability), e che l'obiettivo principale di tali 'dispositivi' sia il tentativo di amministrare gli effetti spiacevoli di nefaste alterazioni ecologiche il più a lungo possibile, attraverso politiche territoriali che diano priorità agli interessi odierni a scapito di quelli delle generazioni future, senza il bisogno di modificare radicalmente i rapporti socio-ecologici che hanno prodotto tali scenari (Bluehdorn 2011, 2014). L’obiettivo della ricerca è di mettere in luce le dinamiche che portano a una maggiore partecipazione/esclusione all'interno della pianificazione territoriale nella gestione delle risorse naturali locali. La ricerca si orienta seguendo la linea teorica dell’Ecologia Politica e della Sociologia Ambientale, collocandosi all'interno dell'ampio dibattito relativo al rapporto fra ecologia e democrazia. In particolare, lo studio analizza un caso studio italiano (fiume Seveso), mettendo in luce affinità e divergenze nel contesto europeo. La ricerca è impostata su un’indagine qualitativa basata su 38 interviste semi-strutturate di testimoni privilegiati (sindaci e funzionari comunali, dirigenti e funzionari di Regione Lombardia, Comune di Milano, Metropolitana Milanese, Autorità di Bacino, tecnici e organizzazioni ambientaliste locali), 2 focus group e osservazione partecipata. Un'altra parte della ricerca approfondisce l’analisi testuale relativa a documenti in materia ambientale europea, e i risvolti nazionale e locali; inoltre si fa un’analisi anche dei media (quotidiani, blog e social network) relativi al caso. Analizzando momenti di consenso e conflitto relativi al ‘Contratto di Fiume Seveso’ e ai conflitti del suo bacino, lo studio mette in luce le potenzialità e i limiti degli approcci partecipativi, analogie e divergenze relative alla pianificazione territoriale in Europa, evidenziando le principali questioni relative al rapporto tra ecologia e democrazia. In the last years, local, national and supranational governments have fostered the use of governance tools in order to involve citizens’ participation in the management of natural resources. Such institutional arrangements, through the enhancement of local participation, are supposed to foster civil society involvement in the process including them in the decision-making process which can be an effective strategy to invoke a sense of social responsibility of local natural resources (Agrawal 1999; Bastiani 2014). It is well documented that people and communities often experience negative impacts from state interventions in the name of conservation or restoration of polluted areas and often these projects are conceived, implemented, and evaluated by outside agencies and their teams of “experts”(Cook and Kothari, 2001; Campbell and Vainio-Mattila 2003). Such forms of participation seem to fail in addressing fundamental power imbalances and, in some instances, may even exacerbate them (Swyngedouw 2005; Penning-Rowsell & Johnson 2015). Other critical scholars argue – disturbingly – that such tools are excellent dispositives to govern unsustainability, managing the unpleasant implications of ecological change for as long as possible, through politics which prioritize interests of today discounting the ones of future generations (Bluehdorn 2011, 2013, 2015). Through qualitative analysis of a project for rivers' restoration in Milan, we will analyse moments of consensus and conflict in the displaying of participation projects. This will give understandings on how consensus is built and why conflicts emerge, exploring what these participatory approaches are able to achieve. |