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Marzo 2021: le campane della chiesa di Erto smettono di scandire le ore notturne. Nella Valle del Vajont non risuona più nemmeno l’Ave Maria delle 6, che dava il buongiorno al centro storico. È l’effetto delle lamentele di un turista, abituale frequentatore del borgo, che in una lettera di protesta al comune scriveva: “È intollerabile che una chiesa, in una piccola comunità come la vostra che si regge quasi totalmente con il turismo si permetta di suonare le campane insistentemente tutta la notte e tutto il giorno”. La reazione della comunità è immediata: vogliono che la campane tornino a suonare. Grazie a una petizione sottoscritta da molti abitanti di Erto, Casso e Vajont, già nel mese di maggio i rintocchi notturni vengono ripristinati. Nella risposta data a questa vicenda si intrecciano diverse questioni. A Erto - comune che fa parte dell’Area Interna delle Dolomiti Friulane - la popolazione rifiuta la definizione di “comunità che si regge sul turismo”: è un paese “vivo e che non ha solo una facciata per turisti. Molti tornano non più da turisti, ma da amici”. Il campanile di Erto, raffigurato sullo stemma comunale accanto al monte Toc con lo sfregio della frana, è un simbolo identitario molto forte per gli ertani, al di là del differente rapporto che ciascuno di loro ha con la religione cattolica. “Se è muto il campanile siamo noi ad essere in silenzio. Quello che per gli altri è rumore per noi è vita”. Per chi suonano dunque, le campane della chiesa di Erto? Chi ha il diritto di stabilire quando, come e per quanto debbano suonare? La legge tutela le ore di quiete notturna, e dunque il diritto del turista a vivere Erto come luogo di riposo e svago. Gli ertani percepiscono invece il silenzio come un’assenza di voce, che contribuisce a rendere più labile l’affermazione della presenza di chi ha scelto di rimanere sul territorio, e vedono come illegittime le ingerenze dei turisti o dei “togni” trasferitisi nel borgo - soprattutto di quelli che non si trasformano in “amici”. Le campane sono suono di casa per questa comunità alpina che più di altre ha vissuto gli effetti delle politiche di sfruttamento delle montagne, e che rimane nella Valle a presidio della memoria in un costante riaffermare la “continuità di vita” non interrotta dagli eventi del 9 ottobre 1963. Come favorire il dialogo tra gli ertani e i “nuovi montanari”? |