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Il presente contributo intende fornire una possibile spiegazione delle ragioni per le quali oggi la scienza giuridica, pur affermando filosofi e giuristi la necessità di aggiornare le categorie della dogmatica giuridica e la ricostruzione di una sistematica che sia in grado di ritrovare l’unità dell’ordinamento giuridico, si occupi essenzialmente di teoria dell’interpretazione oppure delle diverse concezioni dell’argomentazione giuridica, quasi che l’unica forma di giustizia oggi possibile fosse quella del caso concreto. Secondo il punto di vista proposto, oltre a quelle note e da più parti evidenziate (il moltiplicarsi delle fonti, la decodificazione del diritto civile, le istanze pluraliste delle società moderne, e altre ancora), le ragioni sono anche strettamente epistemologiche, e trovano la loro genesi nelle critiche post-positivistiche che sin dagli anni Sessanta venivano mosse all’empirismo logico. L’intento del presente contributo non è certo tanto quello di ri-proporre alcune indicazioni metodologiche del neo-positivismo, quanto sottolineare la natura costruttivista e antirealista delle posizioni assunte dal post-positivismo, e in parte condivise dall’ermeneutica giuridica, cosicché oggi la scienza giuridica, privata della possibilità di predicare la verità o la falsità dei fatti, si trova più a suo agio nel discutere di ragionamenti giudiziali e di argomenti dell’interpretazione. The present contribution is concerned with providing a possible explanation of the reasons why these days legal science is basically dealing with the theory of interpretation or with the different conceptions of legal argumentation, as if today the only possible form of justice was that of the concrete case, though philosophers and jurists are affirming the need to update the categories of legal dogmatics and to provide the reconstruction of a system that is able to find the unity of the juridical order. According to the suggested point of view, there are other reasons in addition to those already known and highlighted by many (the multiplication of sources, the decoding of civil law, the pluralist demands of modern societies, and others) which are strictly epistemological, and find their genesis in the post-positivist criticisms made to logical empiricism since the 1960s. The intention is certainly not so much to re-propose some methodological indications of neo-positivism, but to underline the constructivist and anti-realist nature of the positions assumed by post-positivism, and partly shared by legal hermeneutics, so that legal science, deprived of the possibility of preaching the truth or the falsity of facts, finds itself more at ease today in discussing legal reasoning and the arguments of interpretation. |