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Legalizzare la tortura? Ascesa e declino dello Stato di diritto di Massimo La Torre e Marina Lalatta Costerbosa, edito dal Mulino nel 2013, si inserisce nell'attuale dibattito filosofico-teorico inerente l'uso della forza ed il ricorso alla tortura, tematiche queste che, drammaticamente, sembrano emergere con sempre maggiore intensità. Il testo mette in evidenza come i più recenti episodi ed attentati terroristici – si pensi all'11 settembre 2001, ma anche a quanto accaduto a Madrid nel 2004, a Londra nel 2005 ed anche nell'ultimo anno a Boston – sembrano aver inciso in maniera determinante su una progressiva ed allarmante involuzione e retrocessione di quelle posizioni democratiche e costituzionalistiche che hanno caratterizzato le riflessioni e le elaborazioni giuridiche, politiche e sociali antecedenti. Pertanto, da più parti, si è cominciato a discutere ed evocare ipotetici, e quantomeno discutibili, meriti della guerra preventiva con la conseguenza inevitabile di riformulare non solo il concetto stesso di diritto ma pure di avanzare tesi volte a propugnare la legalizzazione della tortura. Nell'opera oggetto di analisi si evidenzia come prima dell'attentato alle Torri Gemelle il diritto sembrava rifuggire la sua dimensione coattiva, truce, violenta; a differenza di quanto appare oggi darsi: il diritto sembra, almeno in certi casi, dominato dalla sua dimensione fattuale a discapito di quella dimensione normativa che potremmo definire discorsiva e/o argomentativa, cioè attinente a norme, principi e valori. Dietro tale inversione possono individuarsi delle posizioni teorico-filosofiche, in primo luogo il decisionismo politico o Stato di eccezione di matrice schmittiana. Queste si basano sull'affermazione della supremazia del potere esecutivo sul potere giudiziario, così appare risuonare la tesi della legittimazione dell'uso della forza al fine di raggiungere uno stato di pace. I rischi sono evidenti e gravi e l'opera analizzata ha proprio il merito di mettere in rilievo alcuni di questi. Gli autori si concentrano nell'esplicitare un'argomentazione contraria all'uso della tortura, formulata dopo aver esaminato il truce fenomeno da un punto di vista storico e non prima di aver enunciato e criticato le diverse tesi a sostegno della legittimazione e della legalizzazione della tortura. Nella prima parte del libro, l'istituto tortura viene analizzato sotto il profilo storico, tanto come strumento giudiziario quanto come strumento di affermazione del dominio politico e particolare attenzione viene dedicata al fenomeno della caccia alle streghe. Nella seconda parte, invece, gli autori trattano del binomio tortura e diritto. Così, ponendosi in contrasto con le teorie “imperativiste”, la tesi esposta nel volume si concentra ad argomentare in merito all'opportunità della riaffermazione del diritto “mite” ed alla necessità di affermare una chiara avversione contro l'adozione di ogni tortura, in quanto essa è categoricamente contraria alla dignità umana. A proposito di ciò vengono ribadite e condivise le affermazioni di Jeremy Waldron, sulla vergogna e sullo sdegno dei meriti della tortura; di Bernard Williams, sull'impensabile morale (moral unthinkable), e di Robert Alexy che definisce l'argomento tortura come «discorsivamente impossibile». Questo perché tutti dobbiamo essere consapevoli che anche il solo immaginare od il mero pensare determinate cose ci danneggia da un punto di vista etico. È necessario, dunque, controllare anche i nostri pensieri per essere davvero ed appieno uomini virtuosi e morali. |