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L’affidamento dei figli e delle figlie in situazioni di violenza domestica rappresenta un compito complesso per i professionisti che devono effettuare delle valutazioni e prendere delle decisioni in merito. Studi internazionali sulle pratiche e le credenze degli esperti implicati nelle valutazioni genitoriali hanno rilevato come spesso i professionisti non riconoscano la violenza domestica e le sue implicazioni sulla genitorialità, arrivando a produrre rapporti e raccomandazioni che non considerano o che negano la violenza. In Italia, la legge 8 febbraio 2006, n. 54, Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli e il decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, hanno stabilito che l’affidamento congiunto e la bigenitorialità sono fondamentali per garantire il miglior interesse del bambino. I giudici hanno il gravoso compito di determinare l’affidamento dei figli e spesso nominano un consulente tecnico (CTU) per effettuare una valutazione sulle competenze genitoriali, in modo da prendere la decisione migliore, nell’interesse del bambino. ll consulente tecnico, psicologo o psichiatra, ha così l’onere di approfondire tematiche legate alla qualità dei legami familiari tra il minore e gli adulti di riferimento, alle caratteristiche personologiche dei genitori, alla loro capacità genitoriale, alle migliori condizioni di affidamento per garantire i diritti e la tutela del minore. Sulla valutazione che questi esperti fanno della coppia genitoriale si baserà poi la decisione del giudice. Scopo di questo studio qualitativo è indagare le conoscenze, le opinioni e il modus operandi dei CTU nei casi di affidamento dei figli in situazioni di violenza domestica (VD) andando ad analizzare in particolare le situazioni di violenza post-separazione. Data la scarsità di studi italiani in merito, è stata scelta la metodologia qualitativa e lo strumento delle interviste semi-strutturate. Sono stati condotti colloqui con 15 CTU che esercitavano nel nord Italia. I risultati emersi sono sconfortanti. La formazione dei CTU è spesso molto generica e frammentata e mancano di una formazione specifica riguardo al fenomeno della violenza contro donne e minori. La maggior parte dei CTU intervistati sostiene la centralità del principio della bigenitorialità nelle valutazioni dei casi di affidamento anche in presenza di violenza. Sulla base di questo principio e mediante ulteriori strumenti di contorno come il “criterio dell’accesso”, la violenza non viene riconosciuta o non viene ritenuta “pertinente” al fine della valutazione su genitorialità e affidamento. Molti dei CTU intervistati presentano ancora forti pregiudizi contro le donne, che subiscono così vittimizzazione secondaria. Infine, l’adesione a teorie pseudoscientifiche come l’alienazione parentale è dominante. Nonostante negli ultimi anni sia cresciuta la consapevolezza sulla violenza contro le donne, sia emerso in modo allarmante il fenomeno del femminicidio, e siano state create buone leggi a tutela delle vittime di violenza, sembra che la loro operativizzazione sia ancora lontana e che le donne, con i loro bambini, paghino, in fase di separazione e affidamento, un prezzo ancora troppo alto. |