Aspetti e problemi connessi con l'attuazione del partenariato pubblico-privato nelle politiche dello sviluppo urbano e di governo del territorio in Italia

Autor: Citarella, Germana
Přispěvatelé: D'Aponte, Tullio
Jazyk: italština
Rok vydání: 1981
Předmět:
Popis: 2006/2007 L’espressione PARTENARIATO PUBBLICO-PRIVATO (PPP) non è definita a livello comunitario e si riferisce, in generale, a forme di cooperazione tra le Autorità pubbliche e il mondo delle imprese, che mirano a garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o la fornitura di un servizio. Nel corso dell’ultimo decennio, il PPP si è sviluppato in molti settori, rientranti nella sfera pubblica, per lo più riconducibile a vari fattori: in presenza delle restrizioni di bilancio, cui gli Stati membri devono far fronte, esso risponde alla necessità di assicurare il contributo di finanziamenti privati all’ambito pubblico; la volontà di beneficiare maggiormente del «know-how» e dei metodi di gestione dell’impresa; infine, va inquadrato nella dinamica più generale del ruolo dello Stato nella sfera economica, che gradualmente abbandona la figura di operatore diretto per assumere quella di organizzatore, regolatore e controllore. Quindi, l’operatore economico partecipa alle varie fasi del progetto (progettazione, realizzazione, attuazione, finanziamento), mentre il partner pubblico si concentra principalmente nella definizione degli obiettivi da raggiungere (in termini di interesse collettivo, qualità dei servizi offerti, politica dei prezzi), garantendone il controllo. Il successo di un PPP dipende, soprattutto, dalla completezza del quadro contrattuale del progetto e dalla messa a punto ottimale degli elementi che disciplineranno la sua attuazione. In questo contesto, sono determinanti una valutazione ex-ante, una ripartizione ottimale dei rischi tra il settore pubblico e quello privato e una previsione dei meccanismi che permettano di monitorare la regolarità delle prestazioni, che, se diluite nel tempo, devono potersi evolvere per adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente macro-economico o tecnologico, nonché alle necessità di interesse generale. In linea generale, la normativa comunitaria non si oppone alla possibilità di tenere conto di tali evoluzioni, a condizione che ciò avvenga nel rispetto dei principi di parità di trattamento e di trasparenza. Premesso che la riflessione europea si posiziona a valle della scelta economica e organizzativa effettuata da un Ente nazionale o locale e si focalizza, quasi esclusivamente, sulle norme che devono essere applicate quando si decide di affidare una missione o un incarico a un terzo, lo studio realizzato, nell’illustrare la portata degli orientamenti dell’UE applicabili soprattutto alla fase di selezione del partner privato, ha posto in evidenza le incertezze e la sostanziale inadeguatezza del quadro comunitario di riferimento rispetto alle peculiarità del PPP. Pertanto, sono state formulate proposte tese alla diffusione del PPP nell’attuazione delle politiche comunitarie e nazionali di sviluppo urbano e di governo del territorio, in uno scenario di concorrenza e in un contesto giuridico chiaro (strumenti legislativi, comunicazioni interpretative, azioni finalizzate al coordinamento delle pratiche nazionali e scambio di «buone pratiche» tra gli Stati membri) e al recepimento in Italia della procedura di dialogo competitivo. Infine, una particolare attenzione è stata rivolta al PPP di tipo istituzionalizzato per lo sviluppo urbano e il governo del territorio, che implica la creazione di un’entità detenuta congiuntamente dal partner pubblico e da quello privato, considerato che la cooperazione diretta permette all’Ente nazionale o locale di attuare un livello di controllo elevato sullo svolgimento delle operazioni (che può adattare nel tempo in funzione delle circostanze, attraverso la propria presenza nella partecipazione azionaria e in seno agli organi decisionali dell’impresa comune) e di sviluppare un’esperienza propria. La scelta del partner privato, però, nel quadro del funzionamento di un’impresa mista, non può essere basata esclusivamente sulle valutazioni che attengono al contributo in capitali o alla sua esperienza, ma dovrebbe tenere conto delle caratteristiche qualitative delle prestazioni specifiche offerte. In via preliminare, le riflessioni svolte hanno chiarito il perché, nel corso degli ultimi anni, la città è tornata al centro dell’attenzione della politica nazionale, nell’intento di fronteggiare situazioni di degrado urbanistico-edilizio, accompagnate da problematiche di tipo socio-economico e da carenza delle opere di urbanizzazione e dei servizi essenziali. Poi, l’interesse è stato rivolto alla nuova progettualità in tema di strategie per lo sviluppo urbano, grazie al dinamismo di alcune Regioni nella promozione di una nuova stagione normativa nel settore dell’urbanistica e della pianificazione territoriale, in virtù della riforma del Titolo V della Costituzione, alla disponibilità dei Fondi strutturali dell’UE come incentivo economico agli intereventi e, infine, all’introduzione di nuovi risorse finanziarie e di nuove pratiche di pianificazione e strumenti di intervento introdotti dalla DIREZIONE GENERALE PER IL COORDINAMENTO TERRITORIALE del MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI. Per quanto attiene agli obiettivi della pianificazione territoriale e urbanistica, l’Italia ha adottato una serie di indirizzi generali per le aree urbane, tesi a integrare i livelli della pianificazione ambientale e territoriale, preservare gli spazi aperti o realizzarne di nuovi, promuovere funzioni integrate e garantire la coesione sociale. È orientamento consolidato che le linee di azione dovranno tendere sempre più al superamento di una pianificazione razionale fondata sulla rigida separazione delle diverse attività umane e sui relativi indici e parametri edilizi per condividere il principio dell'integrazione, che ha consentito di andare oltre alle cosiddette «zonizzazioni» in molte legislazioni regionali, in quanto caratterizzate da una eccessiva specializzazione degli usi del territorio. Anche dal punto di vista edilizio si rileva che il DM n. 1444 del 2 Aprile 1968 - pur avendo avuto l’obiettivo di corrispondere alle fondamentali esigenze umane nella costruzione degli spazi urbani e dell’abitare, attraverso gli standard urbanistici, gli indici edilizi e la prescrizione tecnico-funzionale degli edifici - risulta ormai inadeguato a garantire il mantenimento o la ricostituzione della qualità urbana, connotata da sostenibilità. È stato posto in evidenza il ruolo centrale assunto dagli Enti locali nell’attuazione delle politiche di recupero e di riqualificazione urbana. Se gli anni Sessanta e Settanta hanno avuto l’obiettivo prioritario di realizzare le attrezzature sociali di base, garantire il diritto alla casa attraverso piani di edilizia economico e popolare, sviluppare nuova imprenditoria e occupazione mediante nuovi insediamenti produttivi, gli anni Novanta sono stati caratterizzati dalla nascita di una serie di nuovi strumenti operativi, rispetto ai piani tradizionali (Piano Regolatore Generale, Piani Particolareggiati, Piani di Zona per l'Edilizia Economica e Popolare ecc.), perché meno rigidi e più adatti a gestire la complessità dei nuovi problemi di sviluppo urbano (denominati programmi complessi), quali i PROGRAMMI INTEGRATI DI INTERVENTO (PII), PROGRAMMI DI RECUPERO URBANO (PRU), PROGRAMMI DI RIQUALIFICAZIONE URBANA PER IL RECUPERO EDILIZIO E FUNZIONALE DI AMBITI URBANI (PRIU), CONTRATTI DI QUARTIERE, PROGRAMMI DI RIQUALIFICAZIONE URBANA E DI SVILUPPO SOSTENIBILE DEL TERRITORIO (PRUSST), PROGRAMMI URBAN I e II su iniziativa del FONDO EUROPEO DI SVILUPPO REGIONALE (FESR) a favore dello sviluppo sostenibile di città e quartieri in crisi dell'UE per il periodo 2000-2006 e di recente rifinanziato, al fine di concorrere alla realizzazione delle politiche di riqualificazione urbanistica dei nuclei interessati dall'abusivismo edilizio. Premesso che la concertazione fra Pubblica Amministrazione e i privati nel settore dell'urbanistica rappresenta senza dubbio uno degli aspetti più rilevanti del processo di partecipazione e uno degli esempi più riusciti di intreccio fra interessi diversi, gli studi compiuti e le riflessioni svolte hanno posto in evidenza che il PARTENARIATO PUBBLICO-PRIVATO (PPP) ha assunto una valenza prima culturale e poi normativa: il recupero e la riqualificazione urbana sono stati principalmente processi di progettazione coordinata, di azione concertata tra soggetti e di mediazione tra i grandi obiettivi di portata generale e particolari, finalizzati a convogliare l'iniziativa pubblico-privata verso finalità di sviluppo, attraverso forme miste di finanziamento. Ciò ha consentito di far emergere un nuovo e significativo ruolo per i soggetti privati, non solo destinatari dei provvedimenti per il recupero e la riqualificazione urbana, sia nell’individuare gli interventi da inserire nel piano e sia nel raccogliere gli investimenti volti a coprire le spese di realizzazione dei medesimi. Con riferimento agli strumenti negoziali e associativi utilizzabili per attivare le collaborazioni tra pubblico e privato, puntuali valutazioni sono state svolte in merito all’impiego del PROJECT FINANCING, della CONCESSIONE DI COSTRUZIONE E GESTIONE, nonché delle altre concessioni di gestione, della SOCIETÀ MISTA PUBBLICO-PRIVATO, della SOCIETÀ DI TRASFORMAZIONE URBANA (STU), dello SPONSOR PUBBLICO e del LEASING IMMOBILIARE. Con tali strumenti le Amministrazioni Pubbliche potranno realizzare un sistema elastico di pianificazione collegato con la programmazione economica e l'accertamento delle riserve disponibili: come evidenziato, nei casi già sperimentati, alcuni interventi di recupero e di riqualificazione urbana, per la loro rilevanza, hanno cambiato il volto di una comunità, con una ricaduta positiva sulla qualità dei servizi, sulla vivibilità di un’area e sulla creazione di spazi pubblici, capaci, per le funzioni ivi insediate, di favorire processi di aggregazione o il mutamento di comportamenti sociali consolidati. Infine, una particolare attenzione è stata dedicata a una serie di strumenti di partnership di tipo associativo, tra i quali le SOCIETÀ DI TRASFORMAZIONE URBANA (STU). Esse rappresentano una novità di rilievo nello scenario italiano per quanto riguarda la fase di attuazione degli strumenti urbanistici generali: non a caso il legislatore, ferma restando la normativa sui piani urbanistici generali, ha inteso ampliare i compiti dei Comuni e ha accordato loro la possibilità di non limitarsi a prospettare il futuro assetto urbanistico, affidando ai proprietari delle aree il compito di attuarlo, ma ha permesso agli Enti locali di andare oltre e, per il tramite di società miste, di promuovere direttamente l'attuazione degli strumenti urbanistici. Dall’analisi compiuta si è evidenziato che le STU si prefiggono di combinare il potere programmatico e regolamentare della Pubblica Amministrazione con l'interesse di soggetti privati, affinché questi apportino capitale e cognizioni tecniche. Quindi, uno strumento per utilizzare le risorse e la tecnologia di operatori privati al fine della riqualificazione del territorio, anche se non hanno ricevuto una particolare attenzione dal mercato, né sono state adeguatamente promosse dalle Istituzioni, avendo avuto applicazione, prevalentemente, per studi di fattibilità sovvenzionati con finanziamenti pubblici. Gli Enti locali hanno vissuto un profondo cambiamento nella struttura della programmazione degli investimenti e hanno individuato nelle Regioni dell’Obiettivo 1 un punto di riferimento stabile per utilizzare le risorse finanziarie dell’UE. Anche a livello nazionale mutano radicalmente gli orientamenti, perché si passa da una impostazione di integrazione a livello settoriale a una logica di integrazione di tipo territoriale o funzionale, ovvero a una ricerca sempre maggiore dell’efficacia della programmazione in relazione alla valorizzazione delle risorse dei SISTEMI TERRITORIALI LOCALI (STL). Pertanto, sono stati esaminati gli effetti geo-economici delle modificazioni intervenute nella POLITICA DI COESIONE dell’UE e del maggiore orientamento strategico e sistemico della PROGRAMMAZIONE 2007-2013, la quale è fortemente orientata a rendere l’insieme delle aree regionali più competitive nel contesto della Europa allargata e della globalizzazione. Ciò comporterà che le politiche di investimento da promuovere a livello di STL, città e singoli Comuni dovranno essere maggiormente orientate alla valorizzazione dei fattori locali di competitività, occupazione e innovazione. Considerato che l’orientamento strategico alla competitività e a fare sistema ha indotto gli Organi della programmazione nazionale ad elaborare una tabella di priorità, sono state svolte riflessioni scientifiche sui percorsi da attivare per promuovere lo sviluppo economico, l’attrattività, la competitività e l’innovazione delle città e delle reti urbane; elevare la lotta alla marginalità urbana, valorizzando il patrimonio di identità; favorire il collegamento delle città e dei sistemi territoriali con le reti materiali dell’accessibilità e delle infrastrutture e con le reti immateriali della conoscenza. Altre valutazioni di sintesi hanno riguardato taluni obiettivi, collegati alle priorità, quali lo sviluppo e l’attrazione di investimenti per servizi avanzati; la valorizzazione delle eccellenze per competere a livello internazionale; lo sviluppo eco-sostenibile; la valorizzazione sociale ai fini della costruzione dell’urban welfare; l’integrazione socio-economica e il recupero fisico e dei valori storico-identitari delle aree urbane e peri-urbane marginali e degradate; l’apertura europea e l’internazionalizzazione delle città, attraverso l’utilizzo di reti digitali per la fornitura di servizi integrati tra centri di eccellenza della ricerca, della conoscenza e del partenariato internazionale; la logistica per il recupero socio-economico e ambientale delle aree urbane e periurbane, se inserita in programmi di sviluppo urbano e compatibile con i fini della politica di sviluppo regionale. Se i DOCUMENTI STRATEGICI DELLE REGIONI DELL’OBIETTIVO 1, le priorità e gli obiettivi nazionali enunciati costituiscono il contesto di riferimento al quale i STL dovranno attingere per indirizzare le proprie scelte, in termini di programmazione e di progettazione, appare evidente che i progetti «prioritari», negoziati e a un livello adeguato di fattibilità, potranno contribuire al completamento della programmazione regionale e nazionale e, dunque, concorrere con certezza all’attribuzione di risorse aggiuntive, purché capaci di integrarsi e essere sostenibili nella programmazione settoriale di riferimento e, rispetto al STL di afferenza, di aumentare l’offerta di servizi di qualità e di infrastrutture, che accrescono il potenziale di competitività. Dalle analisi compiute è emerso che se si dovranno attivare gli strumenti della programmazione strategica, territoriale e settoriale. In tal modo, sarà possibile avere chiaro lo scenario territoriale di riferimento, ovvero recepirlo se esistente, oppure completarlo o costruirlo. Quindi, particolare importanza riveste il metodo con cui gli Enti locali individueranno il settore di programmazione, che permetterà di selezionare l’ambito di rilievo e di ottimizzarne l’integrazione con quanto già previsto, evitando duplicazioni, dimensioni non ottimali o, addirittura, la inadeguatezza complessiva della proposta progettuale. L’idea da sostenere è di confrontare la propria programmazione prioritaria con una check list, che consentirebbe di compiere una sorta di valutazione ex-ante di massima della qualità della stessa rispetto al QCS 2007-2013 e di verificare cosa fare per completare il ciclo di programmazione, oltre che permettere a un Comune o a un STL di conoscere lo stato della propria programmazione, l’adeguatezza della stessa e il percorso da compiere per avviare nella giusta direzione il periodo di programmazione futuro. Utilizzando le tecniche e i metodi per valorizzare il PARCO PROGETTI LOCALE e per rilevare nuove opportunità, si è giunti a isolare due concetti di particolare valenza strategica: il completamento della programmazione assicura un aumento della fattibilità, della cantierabilità dei progetti singoli e della loro competitività in funzione dell’attrazione di finanziamenti aggiuntivi; se si riuscirà a rendere «ordinaria» la programmazione per lo sviluppo e la competitività locale, un progetto di importanza intercomunale sarà più agevole per farlo condividere e cofinanziare dagli ambiti territoriali che lo considerano essenziale. D’altro canto, nella PROGRAMMAZIONE 2007-2013 il criterio di ripartizione dei cofinanziamenti tenderà a favorire la stabilità, la certezza dei finanziamenti e le potenzialità del progetto di attrarre eventuali capitali privati a sostegno della sua realizzazione, soprattutto se garantirà un sufficiente ritorno. Il periodo di programmazione appena terminato ha permesso di sperimentare forme avanzate di decentramento della programmazione e di costruire mirati PPP, anche se le esperienze conseguite raramente sono state in grado di attrarre stabilmente attenzioni nella parte più dinamica della società civile e economica locale, suscitando, per certi versi, un atteggiamento di perplessità anche tra i potenziali partner privati: la generazione dei PATTI TERRITORIALI PER L’OCCUPAZIONE, dei PATTI TERRITORIALI DI SECONDA GENERAZIONE, del LEADER II, di URBAN, dei PRUSST, degli STUDI DI FATTIBILITÀ DEL CIPE hanno consentito di sviluppare iniziative di PPP, ma che, nel medio periodo, sono state spesso condizionate dall’assenza di integrazione con la programmazione regionale e, di conseguenza, con la mancanza della interazione con la PROGRAMMAZIONE 2000-2006. Va però anche evidenziato che quei STL che sono riusciti, nonostante le incertezze, a completare l’iter della programmazione innovativa hanno raggiunto risultati rilevanti. Infatti, l’attuale programmazione, attraverso un quadro di deleghe e di redistribuzione delle risorse più chiaro e orientato a creare coerenza fra la delega di gestione dei STL e la disponibilità di risorse per investimenti e con il supporto dei POR e degli APQ, ha cercato di razionalizzare le esperienze precedenti, valorizzandole quando necessario, ma ricostruendo il quadro di riferimento sulla base della vision regionale del modello di programmazione ottimale. Dallo scenario delineato si è osservato che taluni PPP del passato si sono trasfusi nell’attuale programmazione, in altri casi si sono sviluppate nuove esperienze più qualificanti e significative, come per le città che hanno dato vita ai PIT METROPOLITANI di grande potenzialità. Lo sforzo sin qui compiuto, dunque, per almeno un decennio, non deve essere vanificato, a meno che non si dimostri inadeguato per affrontare i problemi locali, che sono al centro delle priorità dei STL di riferimento, perché le iniziative sono sorte per utilizzare la disponibilità di risorse e, di conseguenza, non sostenuti da un adeguato PPP e da necessaria visione strategica. Dai nuovi regolamenti e dai documenti strategici, sia europei che nazionali, è emerso che l’integrazione fra flusso di investimenti pubblici e privati è uno degli obiettivi del QCS 2007-2013, perché il PPP genera un elevato effetto leva, ovvero una maggiore efficacia in termini di sviluppo degli investimenti pubblici; permette di dimensionare e progettare molte opere o infrastrutture con maggiore attenzione all’effettivo utilizzo che se ne potrà compiere, in quanto il gestore privato che si incarica anche della progettazione ha più elementi e competenze per la ottima definizione dell’investimento; consente una maggiore attenzione nella realizzazione delle opere, in quanto colui che le realizza, durante la gestione, si deve caricare anche del costo di manutenzione; rafforza la funzione pubblica, ovvero il ruolo regolatore, controllore e programmatore dell’Ente locale che, salvo casi eccezionali, non dovrebbe farsi carico direttamente della responsabilità della dimensione tecnico-gestionale degli investimenti, ma, principalmente, del loro valore sociale, civile e di beneficio atteso in termini di sviluppo. Il convincimento maturato è che per realizzare un corretto dialogo e un’affidabile cooperazione pubblico-privata, soprattutto a livello di programmazione e progettazione, sono necessari una serie di performance da parte del soggetto pubblico locale: stabilità e qualità della programmazione, al fine di attrarre buoni e investitori; trasparenza e dialogo con i potenziali investitori, selezionati da una procedura di evidenza pubblica per rispettare le regole del mercato e individuare le proposte tecniche e progettuali più adeguate, presentando le proprie intenzioni e le condizioni alle quali accetterà proposte; promozione e competenza per comprendere la validità tecnica e l’affidabilità economica delle proposte dei diversi investitori e, nel caso non fossero adeguate, richiedere, per esempio, garanzie indipendenti accessorie agli stessi proponenti, come audit sulle previsioni di entrate di una determinata operazione, oppure allargare il dibattito e l’attenzione presentando e promuovendo, a livello adeguato, la propria proposta di cooperazione con il privato, nonché costituendo un panel di esperti di settore per supportare l’Ente locale nelle decisioni con pareri non vincolanti; gestore e non costruttore, perché i PPP nelle REGIONI DELL’OBIETTIVO 1, spesso partono da una proposta di un costruttore di immobili o di infrastrutture, piuttosto che da un gestore, per far sì che un PROJECT FINANCING o una STU siano letti, non come una forma alternativa di appalto di lavori, ma piuttosto come un’alleanza che miri a massimizzare l’efficacia dell’investimento in termini di servizio reso e di sviluppo locale della competitività. L’attenzione degli Enti locali, dunque, deve rivolgersi prima alla qualità del gestore futuro e, solo subordinatamente, alla qualità del realizzatore, anche perché lo stesso gestore ha interesse ad avere un realizzatore di qualità. Le conclusioni a cui si è pervenuti è che le procedure di PPP, prevedendo un percorso difficile e spesso complesso, occorre attivarle soltanto quando effettivamente necessario per garantire la effettiva efficacia e efficienza dell’investimento e, in subordine, per la ricerca di risorse accessorie. L’elemento prevalente nella scelta deve essere la qualità dell’investimento, piuttosto che la composizione del quadro finanziario. XX Ciclo
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