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Il progetto di architettura è un luogo complesso di procedimenti, automatismi, di passaggi analogici. Da un lato l’architettura è quella che è e si dà attraverso la sua esperienza, dall’altro chiama a sé magneticamente tutti quei discorsi che hanno come fine l’individuazione dei codici interpretativi atti a indagarla, a conferirle significati, a valutarne l’appropriatezza rispetto ai contesti di indagine. Questi tentativi di codificazione tengono in vita la critica di architettura ma al tempo stesso anche l’autoriflessione sui meccanismi compositivi propri dell’architetto: in entrambi i casi fanno sì che l’architettura venga percepita e trasmessa come un fatto culturale. L’esame del linguaggio dell’architettura ci offre soluzioni compositive sempre concatenate. Queste sequenze formali nel tempo sono caratterizzate da permanenze, ma anche mutamenti e variazioni imprevedibili. Quali sono le codificazioni linguistiche che ci consentono di descrivere questi scatti, questi momenti di evoluzione? E quali invece, quelle che ci consentono di celebrare quelle sottili ricorrenze e somiglianze nel magazzino del progetto? La ricerca di dottorato condotta propone attraverso la tesi alcune possibili nuove categorie interpretative per il progetto di architettura mutuate dalla teoria e prassi della traduzione in letteratura. Esaminando l’ampio spettro dei significati e degli effetti dei processi di contaminazione del riferimento per il progetto, si intende esplorare quel fragile confine tra citazione, appropriazione, e addirittura plagio, sollecitando una riflessione profonda sui meccanismi di produzione e riproduzione in architettura. L’intento generale è indagare quei punti di contatto interdisciplinare che possano andare oltre l’uso della metafora linguistica della disciplina della traduzione per il progetto di architettura al fine di rileggere criticamente (quella lettura attiva che ci suggerisce Italo Calvino, che è già traduzione) esperienze di architetture progettate e realizzate attraverso la lente dei procedimenti traduttivi consolidati nella pratica del tradurre. Lo studio intende infatti individuare e desumere dai procedimenti della traduzione quegli strumenti tecnico-interpretativi per ampliare lo spettro dei possibili approcci alla lettura dei riferimenti al progetto di architettura nella ciclicità del suo processo. L’intuizione che si vuole affondare, l’ipotesi di ricerca, riguarda l’assimilazione del procedimento compositivo a quello traduttivo. Così traslando quei meccanismi di prestito, calco, traduzione letterale, modulazione, trasposizione, equivalenza e adattamento messi a punto per la prima volta da Jean-Paul Vinay e Jean Darbelnet nel 1958 per la prassi traduttiva nella composizione architettonica, si intende attraversare in architettura l’archivio degli originali ripercorrendone le traduzioni. Nell’analisi di coppie o sequenze chiave si osserva come ogni specifico procedimento porta con sé una certa quota trasformativa: il riferimento originale così in alcuni esiti mantiene una certa autonomia e riconoscibilità, in altri viene completamente rielaborato, al punto da dissolversi tra le righe di un nuovo testo. |