Le metamorfosi del classico: corpi naturali, artefatti materiali e nuove pseudomorfosi
Autor: | Chiara Cappelletto |
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Jazyk: | angličtina |
Rok vydání: | 2018 |
Předmět: | |
Zdroj: | Rivista di Estetica, Vol 67, Pp 197-218 (2018) |
ISSN: | 2421-5864 0035-6212 |
Popis: | A quasi un secolo da L’Opera d’arte all’epoca della sua riproducibilità tecnica di Walter Benjamin e mentre si svolge il dibattito sull’agency degli oggetti, il tema di questo articolo è la potenza del «classico» nella cultura contemporanea, per la quale l’ordine cronologico secondo cui gli artefatti vengono prodotti non è più dirimente per comprenderne la valenza storica e la qualità estetica. Se classica è per noi la Cnosso minoica inventata a Creta dall’archeologo Arthur Evans con ampio uso di cemento all’inizio del Novecento, che cosa resta del classico una volta orfano della sua natura di passato? Seguendo l’indicazione dataci da Michel Foucault, per il quale la nostra epoca si organizza secondo criteri spaziali e non temporali, originali e copie dell’arte greco-romana vengono qui pensati come corpi naturali – variamente distribuiti su scala locale e globale –, e i loro rapporti sono descritti mettendo in luce le relazioni topologiche che essi intrattengono, piuttosto di quelle genetiche. Reperti e fossili. Il metodo di riferimento utilizzato è la cladistica: un sistema di visualizzazione in uso nella biologia evolutiva che concepisce la struttura della storia della vita in base a una serie di diagrammi ramificati che rappresentano l’ordine di parentela tra gli organismi, mostrando la via che li collega con maggior probabilità. Invece di spiegare i processi evolutivi come una serie di cause e successivi effetti il cui nesso produce eventi puntuali, la cladistica prevede un ventaglio di possibilità da visualizzare in un punto di congiunzione che rappresenta l’insieme delle caratteristiche condivise che ci aspetteremmo presenti in un ipotetico antenato comune a due o più specie, per differenza da altre. Questo approccio suffraga il paradigma indiziario con cui presenta più di qualche analogia. La storia dei prestiti tra scienze naturali e umane si trova così ulteriormente arricchita. Il fatto di inserire il possibile nel passato, come già suggeriva Henri Bergson, permette di ripensare il processo di imitazione in termini di metamorfosi, e in particolare di «pseudomorfosi». Oswald Spengler si valse di questo termine mineralogico per spiegare come nuove culture penetrino in culture loro aliene di cui assumono la forma pervertendone il contenuto, e venendone a loro volta pervertite, così da dar vita a uno straordinario processo di finzione: questo articolo termina suggerendo che il «classico» è, nelle sue varie incarnazioni, un processo squisitamente pseudomorfico e che proprio questo gli permette di partecipare a quella dialettica tra cultura alta e mondo profano che, secondo lo studioso dei media Boris Groys, è ciò che produce il nuovo Almost a century after Walter Benjamin’s The Work of Art in the Age of Mechanical Reproduction, and while the debate about the agency of objects is taking place, the subject of this article is the power of the «classical» in contemporary culture. In today’s world, the chronological order according to which artefacts are produced is no longer the deciding factor for understanding their historical value and aesthetic quality. If the Minoan Knossos invented in Crete by the archaeologist Arthur Evans (making ample use of cement during the first decades of the twentieth century) is classical, what is left of the classical once it is divorced from its past nature? According to Michel Foucault, for whom our age is organized around spatial rather than temporal criteria, originals and copies of Greco-Roman art can be thought of as natural bodies – variously distributed on a local and global scale –, and their relationships can be described by highlighting their topological relationships rather than their genetic ones. Relics and fossils. The reference method I use here is cladistics: a system of visualization employed in evolutionary biology that understands the history of life’s structure based on a series of branching diagrammes that represent the order of kinship between organisms, showing the path that is most likely to connect them. Instead of explaining evolutionary processes as a series of causes and successive effects whose connection produces isolated events, cladistics contemplates a range of possibilities visualized with a junction that represents the ensemble of shared characteristics that we would expect to be present in a hypothetical ancestor common to two or more species. This approach scientifically supports the evidential paradigm with which it has more than a few analogies. The history of borrowing between the natural and human sciences is thereby further enriched. Inserting the possible in the past, as Henri Bergson already suggested, allows us to rethink the process of imitation in terms of metamorphoses, and in particular «pseudomorphoses». Oswald Spengler used this mineralogical term to explain how new cultures penetrate alien cultures, assuming their form while corrupting the content, and becoming corrupted themselves, thereby giving life to an extraordinary process of pretence. This article ends by suggesting that the «classical» is, in its different incarnations, a uniquely pseudomorphic process, and that it is none other than this that allows it to participate in the dialectic between high culture and the profane world, which, according to media scholar Boris Groys, is what produces the new. |
Databáze: | OpenAIRE |
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