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Le fratture del dente dell'epistrofeo rappresentano circa il 15% delle fratture del rachide cervicale.Vengono esaminati venti casi consecutivi osservati presso la Divisione di Neurochirurgia di Bergamo nel triennio 1984–1987: undici casi erano del secondo tipo di Anderson-D'Alonzo, e nove casi del terzo tipo. In diciassette casi la diagnosi fu tempestiva, mentre in tre la frattura fu misconosciuta e trattata tardivamente. Nel primo gruppo, dopo aver costantemente ottenuto una buona riduzione della frattura, il trattamento iniziale è stato sempre l'applicazione di un presidio di Halo, sotto controllo scopico. II periodo medio di applicazione è stato di 115 giorni. L'unica complicazione osservata è stata il frequente allentamento delle viti del cerchio, talora con flogosi localizzate in relazione al prolungato mantenimento dell'anello. Nel secondo gruppo di pazienti, in cui è sempre stata constatata l'assenza di un callo riparativo, il nostro atteggiamento è stato interventistico, praticando un'artrodesi per via posteriore seguita da applicazione di Halo. Il protocollo di monitoraggio prevede l'esecuzione mensile di radiogrammi standard nelle due proiezioni associati ad uno studio tomografico al fine di valutare la formazione del callo osseo e l'allineamento tra i monconi di frattura. Solo dopo l'osservazione di una soddisfacente riparazione ossea si procede alla rimozione dell'Halo ed all'esecuzione di radiogrammi nelle prove funzionali di estensione e flessione per confermare la stabilità dei monconi.I risultati sono stati complessivamente buoni. Nel primo gruppo tutte le fratture di terzo tipo sono guarite con formazione di callo osseo. Una sola frattura del secondo tipo non ha mostrato alcun fenomeno riparativo a tre mesi, per cui è stata sottoposta ad intervento chirurgico come già indicato, con successiva guarigione. Nel secondo gruppo abbiamo avuto un solo parziale insuccesso dovuto ad un'infezione della ferita chirurgica, guarita comunque per seconda intenzione.In conclusione, le fratture non significativamente dislocate o angolate, siano di secondo o di terzo tipo, meritano a parer nostro un primo approccio conservativo, avendo un'alta probabilità di guarigione. Se dislocate od angolate significativamente, può essere corretto proporre elettivamente la stabilizzazione chirurgica, the rimane comunque la scelta obbligata nei casi di mancata saldatura, di pseudoartrosi o di fratture inveterate. Nel primo caso il trattamento più efficace appare quello con Halo. L'intervento chirurgico è preferibilmente eseguito, secondo varie tecniche fra cui quella da not descritta, per via posteriore. |