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Il presente saggio è riflessione sull’archivio, sul ruolo che esso può ricoprire e sui destini che può incontrare in letteratura e negli studi letterari, mi propongo di ripercorrere la storia di quell’imponente impresa editoriale che è stata il James Joyce Archive (JJA) 1 poiché mi sembra che essa possa rappresentare un caso interessante e forse paradigmatico. Per quanto risulti del tutto vero che lo studio dell’opera – si tratti di testo d’arte, romanzo, poesia, teatro o ibrido – sia indispensabile a qualsiasi teoria critica letteraria, altrettanto vero è che, nel contesto culturale contemporaneo, ove acquisita per sempre è la consapevolezza che la percezione non è mai un’attività innocente, l’interpretazione di un testo non è più possibile senza un qualche chiaro riferimento teorico. A questo proposito è possibile osservare che non sono mancate negli ultimi decenni tensioni e distanze tra critici letterari di scuola filologica e studiosi legati a modelli teorici più o meno rigidi, mentre è opinione di chi scrive che le prove più fertili e godibili di saggistica letteraria siano quelle in cui testo (filologia) e paradigma (teoria) riescono a negoziare in fecondo equilibrio e a garantire a chi studia, pur nell’esperienza soggettiva che è anche la lettura di un saggio, la sensazione di aver appreso o di essersi confrontato con qualcosa di nuovo, di inedito e di condivisibile. |