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L’articolo illustra il contributo della cultura architettonica allo sviluppo del turismo lungo le coste italiane durante gli anni Trenta del XX secolo. Dopo avere introdotto il ruolo attribuito dal regime fascista al turismo (istituzioni para-statali, infrastrutture, propozione turistica), ed il dibattito sull’urbanistica e sulla città corporativa, l’articolo presenta diverse strategie per la costruzione dei luoghi d’accoglienza turistica. Da un lato una strategia in continuità con i modelli urbani realizzati per il turismo aristocratico nelle stazioni balneari realizzate negli anni precedenti la prima guerra mondiale, e che è attivo in centri turistici come Ostia, Rimini o Viareggio. Dall’altro lato, la diffusione di un turismo sostenuto dal regime attraverso i treni popolari o le colonie di vacanza, e il passaggio dal modello terapeutico della vacanza a quello connesso al piacere e allo sport, alimentano un dibattito su nuove forme urbane maggiormente corrispondenti ai nuovi bisogni sociali. Il luogo di questo dibattito è costituito dai concorsi per la fondazione o estensione delle città balneari: Tirrenia, Castelfusano, Marina di Pisa, sono la scena nella qule si introducono modelli urbani innovativi, dove insediamenti lineari si contrappongono a configurazioni che rinviano all’immagine del villaggio, o a quella di un frammento di metropoli. Infine la terza strategia riflette il dibattito sull’urbanistica come disciplina e sull’emergenza del piano regolatore come strumento per articolare la città al suo territorio. Se il progetto di Giuseppe Vaccaro per una città a collina viene tradotto in una “città panoramica” per il turismo littorale, i piani per la Valle d’Aosta e per l’Isola d’Elba inaugurano un metodi di intervento sul territorio basato sull’azione della pianficazione proposta come espressione della razionalità corporativa. |