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La ricerca si sofferma specialmente sui lavoratori bangladesi di Monfalcone, perlopiù impiegati nell’appalto e subappalto della costruzione delle grandi navi da crociera di Fincantieri, e sui lavoratori bosniaci in Slovenia, lavoratori che costituiscono quasi la metà della popolazione immigrata e che, pur provenendo da un Paese che, fino alla dissoluzione della Jugoslavia, era unico, sono oggi stranieri a tutti gli effetti e, dopo l’entrata della Slovenia nell’Unione europea, extracomunitari. Ambedue questi gruppi di lavoratori sono stati sempre considerati “complementari” e non “sostitutivi” della manodopera autoctona, dove per complementare si intende la possibilità di essere impiegati quasi esclusivamente nei lavori più gravosi e peggio pagati. Nel tempo questi lavoratori sono stati investiti dai lamenti riguardanti la loro scarsa conoscenza della lingua e la loro elevata possibilità di accesso al welfare uniti al fastidio degli indigeni per gusti, abitudini e tradizioni considerati distanti. La crisi, oltre ad aver amplificato questi atteggiamenti, ha permesso che venissero promulgate norme e regolamenti, o che si consolidassero prassi, che hanno creato percorsi separati all’interno del mercato del lavoro con diversi diritti e diverse tutele. |