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Come prescrive la tradizione del genere, oggetto dell'elegia dell’esilio è il lamento dell’io narrante, in qualità di exul che sa di non poter fare più ritorno nella sua patria. Per il poeta esiliato a Tomi, Roma rappresenta il luogo del rimpianto nostalgico, degli affetti e della vita sociale e culturale, l’unico punto di riferimento, in una lontananza quasi mitica ma pur sempre presente, per ogni discorso poetico. Anche in questa elegia il ricordo e il ricorso ai topoi del genere rendono l’epistula per vasti tratti un gioco letterario estremamente serio che coinvolge tutta l’opera e la poetica ovidiana. Soltanto la poesia, con la sua benefica inutilità, accompagna il poeta nel suo viaggio forzato. E proprio questa lettera dal Ponto conferma la fedeltà di Ovidio alla poesia, a quella poesia ‘minore’ che gli ha procurato l’esilio; fedeltà alla poesia (e ai suoi miti) come scelta di vita, cui pure conferisce valore, senso e consolazione. È in questo che la lettera a Cotta Massimo recupera tutta la sua profonda verità. |