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La fotografia ha svolto un ruolo fondamentale per l’affermazione e la definizione della cultura visuale: nei primi anni del Novecento essa ha posto le basi per il suo sviluppo; oggi che quella prospettiva sembra essere in crisi per l’avvento del digitale è utile ritornare a quegli anni per comprendere il presente. Accanto alle riflessioni di Walter Benjamin e László Moholy-Nagy, è stata fondamentale l’attività di Franz Roh, che trova un esaustivo compimento teorico nel breve testo foto-auge (1929): al di là delle felici intuizioni e delle feconde proposte che emergono in questo scritto, è degno di nota che esso diventa l’esempio privilegiato cui far riferimento anche dall’altra sponda dell’oceano del breve ma pregnante articolo The Reappearance of Photography che nel 1931 pubblica il fotografo Walker Evans. Questi infatti evidenzia, sulla base delle fondamentali acquisizioni di Roh, la necessità di fare della macchina fotografica lo strumento principe dell’epoca e quindi di dar vita a un nuovo e moderno modo di vedere e rappresentare. Su questa base si è formata la cultura visuale del Novecento; oggi, dopo la svolta del digitale dei primi anni del nuovo secolo, quel modello classico non è più sufficiente per rendere conto della contemporaneità. Tuttavia la situazione attuale è per certi aspetti analoga a quella di inizio del secolo scorso; la lettura in parallelo delle due epoche può essere di grande utilità per comprendere la contemporaneità e azzardare per il prossimo futuro un nuovo ritorno alla fotografia capace di spiegare il ruolo attivo assunto dal fotografo grazie alle opportunità offerte dallo sviluppo delle tecnologie digitali, capaci di potenziare il suo raggio d’azione e dunque di modificare la portata e la potenza delle immagini fotografiche: basti pensare, per esempio, alla rinuncia alla fotografia di Joachim Schmid a vantaggio di un’ecologia delle immagini che si accompagna con la ricontestualizzazione che le immagini prodotte digitalmente impongono. |