Si può prevedere il destino delle specie aliene introdotte? Il caso dell'ambiente di transizione Mar Piccolo di Taranto
Autor: | Petrocelli A., Portacci G., Cecere E. |
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Jazyk: | italština |
Rok vydání: | 2016 |
Předmět: | |
Zdroj: | Riunione Annuale del Gruppo di Lavoro per l'Algologia, pp. 9, Ravenna, 18-19/11/2016 info:cnr-pdr/source/autori:Petrocelli A., Portacci G., Cecere E./congresso_nome:Riunione Annuale del Gruppo di Lavoro per l'Algologia/congresso_luogo:Ravenna/congresso_data:18-19%2F11%2F2016/anno:2016/pagina_da:9/pagina_a:/intervallo_pagine:9 |
Popis: | Con circa 1000 specie rinvenute, appartenenti a tutti i taxa marini escluse le microalghe, il Mediterraneo è una delle zone geografiche più gravemente colpite dall'introduzione di specie aliene. E presto la situazione potrebbe diventare significativamente peggiore, a causa del recente allargamento del canale di Suez, che è considerato uno dei principali corridoi per il loro ingresso in questo bacino. Tuttavia, anche l'acquacoltura ha una responsabilità considerevole come vettore, soprattutto per quanto riguarda le macroalghe, introdotte principalmente nei sistemi di transizione. Il Mar Piccolo di Taranto, ad esempio, sede di una millenaria attività di molluschicoltura, rappresenta il terzo "hotspot" per il numero di specie di macroalghe aliene nel Mediterraneo. Pertanto, per poterne individuare tempestivamente di nuove, il bacino viene continuamente monitorato. Una buona conoscenza delle caratteristiche ecologiche e del ciclo vitale delle specie introdotte (eco-fisiologia, modello riproduttivo, tasso di crescita, vulnerabilità alle malattie, alla predazione e alla competizione) permette di identificare i valori soglia delle variabili ambientali che possano favorirne la trasformazione da "specie aliene" in "specie aliene invasive". Pertanto, le suddette informazioni si possono rivelare utili per prevedere il destino di una specie potenzialmente invasiva a breve, medio o lungo termine, fornendo altresì le indicazioni necessarie per la scelta delle procedure di gestione adatte a minimizzarne l'impatto sugli ecosistemi e sulle attività umane. Negli ultimi 15 anni, nel Mar Piccolo di Taranto, sono state studiate le popolazioni di due alghe aliene potenzialmente invasive: l'alga bruna Undaria pinnatifida (Alariaceae, Laminariales) e l'alga rossa Hypnea cornuta (Cystocloniaceae, Gigartinales). Sono stati contemporaneamente considerati i valori estremi della temperatura dell'acqua di mare (settimana più fredda e settimana più calda), nonché la sua variazione annuale. Questi valori, in estate, sono risultati frequentemente superiori a quelli limite per lo sviluppo dei gametofiti di U. pinnatifida, specie temperato-fredda, inducendone probabilmente un'alta mortalità e il fallimento della riproduzione, che ha portato al conseguente crollo del popolamento. Tant'è che lo studio della dinamica della popolazione di questa specie ha mostrato un andamento di tipo "boom and bust", che è risultato in un'apparente estinzione. Viceversa, proprio i valori estivi di temperatura, frequentemente superiori ai 30° C, in sinergia con le strategie di riproduzione vegetativa (propaguli, frammenti di tallo, tetraspore) messe in atto da H. cornuta, specie tropicale, potrebbero averne favorito l'aumento considerevole e costante di biomassa sin dalla sua introduzione, tanto che essa è diventata la specie dominante in estate nel Secondo Seno. Pertanto, noto l'andamento delle variabili ambientali in una determinata zona, in questo caso della temperatura, e la regione fitogeografica di appartenenza della specie introdotta, è possibile formulare una prima ipotesi circa il suo potenziale invasivo in quella zona. Ciò conferma, quindi, che il concetto di invasività di una specie aliena non è assoluto ma relativo all'area in cui viene introdotta. Studio condotto nell'ambito del Progetto Bandiera CNR "RITMARE" (Ricerca ITaliana per il MARE) e della rete LTER |
Databáze: | OpenAIRE |
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