Aprire le porte al futuro del Libano. Dal Museo di Beirut alle campagne di Kharayeb, passato e presente di un paese tormentato
Autor: | Oggiano Ida |
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Jazyk: | italština |
Rok vydání: | 2015 |
Předmět: | |
Zdroj: | Politiche, poetiche e proposte per una narrazione museale, pp. 288–303, ROMA, maggio 2014 info:cnr-pdr/source/autori:Oggiano Ida/congresso_nome:Politiche, poetiche e proposte per una narrazione museale/congresso_luogo:ROMA/congresso_data:maggio 2014/anno:2015/pagina_da:288/pagina_a:303/intervallo_pagine:288–303 |
Popis: | Sono ormai diversi anni che gli archeologi del Vicino Oriente hanno iniziato a pensare più profondamente alle implicazioni che le loro ricerche hanno sulla vita delle comunità nei territori in cui essi operano. Quest'impegno tenta di superare la centenaria distanza che è esistita tra le attività di ricerca archeologica e la vita delle comunità "locali", generata dall'idea della superiorità del sapere scientifico occidentale a fronte della presunta incapacità locale di comprendere l'importanza del proprio passato. Monumenti, oggetti e storie venivano "scientificamente" studiati e poi portati via dal territorio che li aveva creati, usati ma che non era ritenuto degno di custodirli e valorizzarli. Ora, fortunatamente, ci si orienta sempre più verso l'idea di quella che viene definita "archeologia pubblica", caratterizzata dall'applicazione di approcci collaborativi e comunitari alla ricerca, alla musealizzazione e alla valorizzazione dei siti. Attraverso l'illustrazione dell'esperienza della missione italiana di studio al Museo di Beirut e nel sito di Kharayeb, nell'entroterra agricolo di Tiro, entrambe dirette da chi scrive nell'ambito delle ricerche dell'Istituto di Studi sul Mediterraneo Antico, si illustrerà l'impegno che la Direction Générale des Antiquités du Liban profonde da anni per contrastare l'idea colonialista dell'archeologo-scienziato-esperto che, armato di metodo scientifico, lavora in territorio libanese senza integrarsi con la vita della gente del luogo (se non con paternalistico senso di superiorità), per poi portare in Europa oggetti e informazioni con cui ricostruire la storia. L'idea che si è ormai affermata da anni in Libano è, infatti, quella della condivisione della conoscenza e della gestione del patrimonio culturale attraverso accordi per la co-direzione delle Missioni archeologiche e per la realizzazione di progetti di cooperazione che, mettendo a frutto l'evoluzione delle lunghe e diverse tradizioni di studi internazionali, sviluppino e fondano i diversi apporti delle entità coinvolte. Questo non significa che si debba ipocritamente pensare all'adozione di metodi di indagine archeologica alternativi a quelli consolidati nella tradizione degli studi archeologici mondiali, ma che, soprattutto nel campo della comprensione dei dati e nella valorizzazione del patrimonio passato, si dismetta definitivamente l'immagine di un Oriente creato dall'Occidente, lasciando, invece, alla gente del luogo il diritto di gestire attivamente il proprio passato e l'immagine che ha di esso. La missione di scavo e studio di Kharayeb costituisce, in questo senso, una impresa originale. Partiti dallo studio di un cospicuo lotto di figurine di terracotta proveniente da un luogo di culto databile all'età persiana ed ellenistica, nell'entroterra agricolo di Tiro, ed oggi conservato al Museo Nazionale di Beirut, si è passati a scavare proprio nel luogo dove le figurine furono rinvenute, tentando di ricollocare gli oggetti nel loro contesto archeologico e storico-culturale originario. Non si è scelto, quindi, di scavare in luoghi dall'appeal scientifico immediato e dal facile ritorno di immagine per il ricercatore che vi opera, quanto di soffermarsi sullo studio delle comunità agricole che avevano un ruolo fondamentale nella vita delle ricche città fenicie costiere. Questo tipo di indagine ha consentito un rapporto molto stretto con la attuale comunità locale che, grazie al forte conservatorismo di alcune forme di organizzazione del lavoro e, più in generale, di vita, fornisce peraltro una fonte aggiuntiva di informazione, attraverso l'utilizzo del comparativismo antropologico, pur prudentemente valutato. La missione, diretta da chi scrive e dal Prof. Wissam Khalil dell'Université Libanaise, si è radicata nella comunità del villaggio attraverso lo stretto rapporto con il comune e, soprattutto, con la gente del paese, facendo conoscere le attività in corso di svolgimento in un luogo ben noto perché meta di gite da parte degli abitanti del paese. La zona, infatti, sottoposta a vincolo da parte della Direction Général des Antiquitès, è nota come "il museo" o "la fossa delle perline" perché la popolazione locale vi andava a raccogliere vaghi in pasta vitrea per realizzare piccoli oggetti di ornamento, soprattutto anelli. L'idea che si sta sviluppando insieme alla Direction Général des Antiquitès du Liban e il comune di Kharayeb è quella di una valorizzazione del sito a fini didattici e turistici (auspicando l'associazione del sito alla più nota meta di Tiro). L'occasione di una apertura alla collaborazione con la missione di studio italiana fornirà l'occasione per mettere in contatto la comunità locale, tutta formata da sciiti fortemente ancorati alle proprie tradizioni culturali e religiose, con esperienze di impatto internazionale, in una forma di dialogo che può trovare nella tradizione di forte interculturalità della costa levantina di età fenicia uno straordinario esempio da seguire. |
Databáze: | OpenAIRE |
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