Popis: |
The Istrian-Dalmatian exodus, which took place from 1943 to 1958, represented a process of abandonment, which involved approximately 300.000 people forced to migrate from Istria, Fiume and Dalmatia, due to the transition of these territories from the Italian Kingdom to the Socialist Federal Republic of Yugoslavia, formalized by the Paris Peace Treaty (10th February 1947) and by the Memorandum of Understanding of London (5th October 1954). The Italian Government dealt with accepting and housing such a large crowd of compatriots, who were escaping from the oppression by Tito, by opting to relocate people all over Italy, in more than one hundred Refugees Camps (CRP). CRPs were organized in existing buildings which were frequently already abandoned. With the end of this emergency and with the distribution to exiles to permanent accommodations in several Italian cities, CRP were abandoned once again, questioning which their next role would be in the context and in the landscape. This paper wants to illustrate the stories of transformation of some of the CRPs, within a wider recognition in terms of original function (military buildings, religious buildings, educational buildings, prison camps, others and purpose-built CRP) and in terms of the current state of conservation (state of neglect, memorial role, demolition/removal, reuse, maintenance of previous use and permanent placement). I Campi di Raccolta Profughi dell’esodo giuliano-fiumano-dalmata fra abbandono e riconversione: una questione attuale L’esodo giuliano-fiumano-dalmata, verificatosi dal 1943 al 1958, ha rappresentato un processo di abbandono che ha coinvolto circa 300.000 persone, costrette a emigrare da Istria, Fiume e Dalmazia, in relazione alla cessione di queste terre dal Regno d’Italia alla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, formalizzata con il Trattato di Parigi (10 febbraio 1947) e con il Memorandum d’intesa di Londra (5 ottobre 1954). Il Governo Italiano ha gestito l’accoglienza di una grande massa di connazionali in fuga dall’oppressione titina, optando per la dispersione degli esuli in più di cento Centri di Raccolta Profughi (CRP) in tutte le regioni italiane; i CRP vennero organizzati in strutture preesistenti che erano, in diversi casi, già soggette ad abbandono. Con la fine dell’emergenza e l’assegnazione degli alloggi definitivi in varie città italiane, i CRP vennero nuovamente abbandonati, rimettendo in questione il loro ruolo nei diversi contesti e all’interno del paesaggio. Il contributo si propone di ripercorrere le storie di trasformazione di alcuni Centri di Raccolta Profughi, nell’ambito di una più ampia ricognizione e sistematizzazione sulla base della destinazione d’uso originaria (edifici militari, religiosi, educativi, campi di prigionia, altro, CRP costruiti ad hoc) e dell’attuale stato di conservazione e di uso (stato di abbandono, funzione commemorativa, perdita/rimozione, riuso, mantenimento della funzione precedente, sistemazione definitiva). |