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Programmata su basi tecno-scientifiche, la città europea del terzo millennio rischia di dimenticare o banalizzare le distruzioni e i massacri di massa provocati dalla Seconda guerra mondiale. La poetica del frottage di Durs Grünbein mostra quanto i camouflages che addobbano le nostre città sconfessino l’unicità del vivente, suscettibile di emergere in ogni pietra e piazza d’Europa. Il cosmopolitismo perseguito da Grünbein lo radica a Dresda e a Hellerau come luoghi in cui per un breve periodo si realizzarono progetti di Lebensreform, tra i quali un’architettura e un’istruzione che comprendesse le classi meno agiate e gli esclusi. Fantasticate e fantasmatizzate come possibilità per il futuro, le immagini dell'infanzia e dell'adolescenza di Grünbein punteggiano la sua poetica urbana. Insieme alla senese Piazza del Campo e alla ricerca del genius loci, l'isola che non c'è diventa per tanto, nell’opera dell'autore di lingua tedesca, la cornice di una rappresentabilità della cittadinanza europea nutrita delle istanze ideali del Manifesto di Ventotene (1941) e dei Colloqui di Hertenstein (1946). |