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Nel vasto campo della nefrologia solo recentemente è emerso il problema dei caregiver, volontari e non pagati, dei pazienti in dialisi. È un problema dalle numerose implicazioni, compresa la bioetica. Il crescente numero di dializzati e il parallelo incremento dei loro caregiver creano da una parte problemi ai sistemi assistenziali e, dall’altra, modificazioni psicosociali e della qualità della vita, associate a depressione, che, nel loro insieme, richiedono attenzione a chi si dedica agli altri, senza trovare chi si occupa di loro. Il tutto in una spirale di atteggiamenti di regressione psicologica e di incapacità ad affrontare situazioni cliniche e comportamentali alle quali i caregiver non sono preparati. In uno studio prospettico multicentrico sono state esaminate le risposte psicosociali dei caregiver di emodializzati, con il risultato che il 24% accusava la tipica sindrome da burn-out, il 47% riferiva difficoltà ad affrontare il quotidiano carico psicosociale e fisico e solo il 6% accettava con tranquillità e serenità di essere d’aiuto a un proprio familiare, malgrado le numerose difficoltà a cui andava incontro. Si è, inoltre, rilevato che le moderne strategie depurative domiciliari come la dialisi continua diurna e notturna comportano un grave carico psicosociale aggiuntivo per i caregiver, al punto da mettere in discussione la scelta di tali strategie quando comportano patologie depressive e consistenti abbassamenti della qualità della vita. Allora, ogni scelta va valutata sempre all’insegna dei vantaggi economici e logistici, che non possono, però, prescindere da oculati principi di bioetica clinica. (Bioethics) |