Přispěvatelé: |
Jaime Antunes da Silva, Mirco Dondi, Heloisa Paulo, Matteo Pasetti, João Paulo Avelãs Nunes, Alberto De Bernardi, Maria Luiza Tucci Carneiro, Fernando Tavares Pimenta, Alessio Gagliardi, Maria das Graças Andrade Ataíde de Almeida, Luís Reis Torgal, Marcos Guterman, Ana Luiza Martins, Nuno Rosmaninho, Daniele Serapiglia, Ottavio D’Addea, Jorge Pais de Sousa, Alberto Pena-Rodríguez, Vivien Ishaq, Maria Elizabeth Brêa, Maria Luiza Tucci Carneiro, Mirco Dondi |
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Questo saggio ricostruisce il quadro della stampa italiana nel primo anno di presa del potere del fascismo. La situazione creatasi con gli assalti squadristi alle sedi dei giornali e ai giornalisti porta a una concreta privazione della libertà, prima ancora che questi diritti siano mutilati dalle leggi. La stampa è il primo spazio di libertà a venire attaccato – il 15 aprile 1919 con l’assalto al quotidiano del Partito socialista l’”Avanti!”- ma è anche l’ultimo a venire debellato. Il 1923 rientra nella seconda fase di attacco alla libertà di stampa. A febbraio il direttore de “Il Lavoro” (giornale socialista di Genova), Giuseppe Canepa, alla Camera parla di “regime fascista”, un’espressione che comincia a circolare dopo la marcia su Roma. Rispetto al periodo 1919 – 1922, l’anno 1923, specialmente nella sua prima parte, delinea un contesto di violenza ancora intensa – “illegalismo perdurante”- denuncia Luigi Salvatorelli. I giornali subiscono un minore numero di assalti alle sedi, compensati da pesanti intromissioni governative. Restano frequenti le aggressioni a giornalisti e direttori, tant’è che l’anno si chiude con la bastonatura del direttore de “Il Mondo” (giornale liberale antifascista) Giovanni Amendola mentre, all’inizio del 1924, si consuma l’accoltellamento del presidente dell’Associazione della stampa romana Alberto Bergamini (già fiancheggiatore del fascismo poi dubbioso) al quale il giornalista sopravvive fingendosi morto. Il 1923 marca il primo atto legislativo contro la libertà di stampa. Il decreto sulla stampa del luglio 1923 – non applicato fino al 1924 – pone le premesse per annientare l’intero comparto giornalistico non fascista. Il controllo della stampa va messo anche in relazione al progetto di riforma elettorale - fortemente maggioritario - di Giacomo Acerbo, varato il 18 novembre, ma tutt’altro che scontato nella sua approvazione, visto il numero minoritario di fascisti in parlamento. Testate come il "Corriere della Sera" e Il "Giornale d'Italia", che pure avevano appoggiato il fascismo fino al 1922, si illudono nel 1923 di potere riprendere la critica al governo, scontando pesantemente il loro errore di valutazione politica. |